La provincia resta sempre quella “con le ali”, con riferimento al settore aeronautico, ma queste battono meno forte e serve un check-up. L’economia varesina partecipa alla ripresa post pandemia, in Lombardia particolarmente vigorosa, ma perde terreno rispetto alle province vicine. A condurre il “consulto” sullo stato di salute è stato chiamato lunedì scorso alla Liuc a Castellanza un consesso di alto livello, con gli esperti dell’ateneo, dell’Istat, l’Istituto nazionale di statistica guidati dal presidente Giancarlo Blangiardo, della Camera di Commercio con il nuovo presidente Mauro Vitiello, con esponenti di Confindustria Varese e di Banca d’Italia.
Certo, ammettono gli statistici, «prendere la temperatura a Varese non è facile. Pensiamo ai 30 mila lavoratori frontalieri. Sono un decimo della forza lavoro, ma rappresentano una quota di reddito molto più alta, che non rientra però nelle statistiche», dice Flavio Verrecchia, che da Milano è referente dell’Istat per il Nord Ovest. «Non possiamo trascurare processi di aggregazione societaria, come quelli che hanno portato sotto l’ombrello di un’unica entità, Leonardo, le diverse industrie dell’aeronautica», per non parlare di spostamenti dei sedi legali (come Whirlpool da Comerio a Pero), e fusioni /acquisizioni (come per esempio Openjobmetis). Così, se si guarda alle aziende con sede legale in provincia, la riduzione degli addetti dal 2012 al 2020 è vistosa: da 271 a 233 mila. Considerando le unità locali e i siti operativi, la variazione è minima: da 279 a 273 mila. Tutto uguale allora? No, perché se sposti la “testa”, calano le funzioni direttive: il 7% degli addetti nelle imprese lombarde contro il 4% in quelle varesina, frutto anche di attività in settori non sempre tra i più sofisticati e delle scarse dimensioni medie, e proprio le grandi aziende, sopra i 250 dipendenti, sono responsabili del 55% dei posti di lavoro persi.
La fotografia indica una Milano in fuga con il resto della Lombardia che stenta tenere il ritmo e Varese ancor di più, con quattro aree differenziate: un sud “cerniera” che tiene meglio, grazie anche alla vicinanza con Milano e Malpensa, l’area di Varese che grazie al capoluogo non perde troppo terreno, quindi Ceresio e valli più in affanno e infine il Nord-Luinese con i problemi maggiori, segnala Andrea Venegoni della Liuc.
È un quadro con conseguenze a cascata. Se il territorio diviene meno attrattivo, i giovani cercano occasioni di lavoro altrove (Milano, l’estero), reddito e consumi ne risentono, così come il mercato immobiliare e la dinamica demografica, soprattutto nel capoluogo, con invecchiamento della popolazione. La produttività “espansiva”, che aumenta la produzione e bassa (siamo più bravi nella riduzione dei cost), siamo solo 48esimi tra le province analizzate da Liuc per “Fermento imprenditoriale”, indietro per innovazione, sviluppo finanziario e competenze, anche se contiamo su capacità imprenditoriale e tessuto industriale.
Ci sono segnali incoraggianti. Dopo il crollo (-23,7%) del 2020, sono riprese le assunzioni, sottolinea Elena Provenzano dell’ufficio studi di Camera di Commercio, recuperando e anzi superando nel 2022 i valori pre-pandemia, ma cresce sensibilmente il “mismatch” tra domanda e offerta di lavoro. Degli oltre 124 mila nuovi assunti il 65% sono nei servizi, il 19% nell’industria, il 9% nel commercio, il 5% nelle costruzioni che, grazie all’Ecobonus hanno strappato un + 44%; in calo solo il commercio.
Varese ha un problema: imprese, piccole, con una media di 3,7 addetti, più bassa della media regionale. Sono dimensioni che ostacolano crescita, internazionalizzazione, innovazione: nel digitale, nelle funzioni base, come accesso Internet, comunicazione siamo ok, ma sulla “piattaforme” e quindi le applicazioni evolute siamo indietro e mancano competenze. «Occorre migliorare capacità di comunicazione e visibilità, fare rete. Dobbiamo rendere le imprese più attraenti anche per conquistare giovani talenti, intervenendo sulle condizioni di lavoro – avverte il presidente della camera di Commercio Vitiello – altrimenti non meravigliamoci se vanno altrove».
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