Si sta avvicinando l’Incontro mondiale delle famiglie a Milano con la presenza di papa Benedetto XVI. In preparazione a questo importante evento focalizziamo l’attenzione e la riflessione su una “santa della famiglia”: santa Gianna Beretta Molla, donna, medico, sposa e madre.
Si può dire che tutta la sua vita, dalla dimensione professionale, all’impegno familiare fino a quello sociale sia stata il paradigma dell’amore che avvolge e plasma tutto quanto, di un amore che ama la vita in tutte le sue forme. Di questo “amore che ama la vita” santa Gianna Beretta Molla è stata una testimone eccezionale tanto da custodire e dare alla luce la quarta dei suoi figli, Gianna Emanuela, nonostante i gravi problemi di salute che la portarono alla morte il 28 aprile 1962.
Analizziamo le tre dimensioni della santa nativa di Magenta.
Ella è medico e arriva alla scelta di questa professione intuendo la dimensione fondamentale della vita, il dono di sé tant’è vero che all’inizio pensò di farsi missionaria laica come il fratello Francesco. In una visione non carrieristica ma oblativa e dopo un intenso scambio epistolare con un altro fratello, padre Alberto, scelse la facoltà di Medicina e Chirurgia esprimendo così la sua scelta: “Tutti nel mondo lavoriamo in qualche modo a servizio degli uomini. Noi medici lavoriamo direttamente sull’uomo… che dinanzi a noi ci dice di se stesso: aiutami e aspetta da noi la pienezza della sua esistenza… C’è nel corpo uno spirito e come tale immortale. Cosa vi direbbe Gesù? Dovete mettere ogni cura su questo corpo… La nostra missione non è finita quando le medicine non servono più. Come il sacerdote può toccare Gesù così noi medici tocchiamo Gesù nel corpo dei nostri ammalati”.
C’è poi la dimensione di essere sposa. A questo traguardo arriva dopo un certo cammino, all’interno di un’intensa vita spirituale, dedicandosi sempre più all’apostolato. Mentre pensava e pregava sulla sua vocazione (come si è detto pensava di fare la missionaria) Gianna incontrò l’uomo che Dio aveva scelto come fonte e destino della sua gioia, come espressione dell’amore realizzato nell’essere sposa e madre: l’ingegner Pietro Molla, dirigente industriale, laico impegnato nella sua parrocchia di Mesero. Il loro amore, dopo il primo incontro nella forma più comune e quotidiana possibile, si rafforzò sempre più e si può ben dire che fu un metter in pratica l’esortazione di San Paolo: “Gareggiate nell’amore, nello stimarvi a vicenda”(cfr. Rm 12,10).
Ecco qualche esempio dei pensieri e delle preghiere che si rivolgevano reciprocamente. Scriveva Gianna. “Carissimo Pietro, vorrei proprio farti felice ed essere quella che tu desideri: buona, comprensiva e pronta ai sacrifici che la vita ci chiederà… Tu sei l’uomo che desideravo incontrare ma non ti nego che più volte mi chiedo “sarò io degna di lui?”… Allora prego il Signore: “Signore tu che vedi i miei sentimenti e la mia buona volontà aiutami a diventare un sposa e una madre come Tu vuoi”. E Pietro rivolgendosi a Dio in preghiera:” Grazie d’avermi dato Gianna come dolcissima compagna della mia vita. Fa’ che ci amiamo del più forte, del più dolce e del più puro amore: fa’ che io sia degno di lei e che la nostra famiglia sia benedetta dal Cielo e santa in noi e nei nostri figli…”.
La terza dimensione è stata quella di essere madre fino in fondo, fino alla fine. Il suo sogno, condiviso dal marito, era di avere tanti bambini e così avvenne. La terza gravidanza era stata faticosa ma Gianna non si scoraggiò perché amava troppo la vita. Durante la quarta gravidanza si presentò il fibroma all’utero e iniziò il suo calvario: si fece operare chiedendo esplicitamente che il tumore fosse asportato senza compromettere la vita della creatura che portava in grembo pur consapevole del grave rischio che ciò comportava. Da questa sua ferma volontà si evince una cosa: l’offerta della sua vita per la figlia Emanuela corona un’esistenza di amore che si è distesa per tutta la vita. Gianna non è santa perché è morta dando alla luce sua figlia ma perché ha amato “sino alla fine” a imitazione di Gesù; il suo è stato un amore vero, che non si tira indietro, totale, fedele a se stesso e capace di sopportare il più straziante dolore. Poco dopo il parto Gianna sprofondò nel dolore. Volle essere cosciente fino alla fine e sperimentò il punto più alto della fede: l’abbandono fiducioso in Dio. “…Oh se non ci fosse Gesù che ci consola in certi momenti…”
Volle morire nella sua casa e fu esaudita. Nella notte del 28 aprile fu riportata nella sua casa di Ponte Nuovo; racconterà poi così il marito questo momento così intimo: “Quando rientrò in casa udì la voce dei bambini e, da una lacrima, si comprese che aveva capito di essere a casa. Allontanammo i bambini”. Fino alle otto del mattino, quando morì.
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