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Cultura

IL COLORE DEI LIBRI

SERGIO REDAELLI - 17/02/2023

libriIl risultato delle urne rafforza i vincitori e le loro mire. Se prima del voto la maggioranza contestava le trasgressioni vere o presunte del festival di Sanremo fino a richiedere un cambio completo delle poltrone ai vertici della Rai, a urne chiuse la battaglia si sposta sul Salone del Libro di Torino. Il copione è più o meno lo stesso, arrivare al controllo dell’industria della cultura dopo quella dell’intrattenimento. Più che il nipote di Vittorio Gassman in canottiera, più che la tartaruga della Ferragni e il bacio-omo del marito, del festival restano infatti le reazioni scomposte della politica, il tentativo di condizionare le scelte della direzione artistica, le polemiche sulla Costituzione e la lettura del messaggio di Zelensky a un’ora impossibile.

Sappiamo da anni che il controllo dei partiti è asfissiante sulla tv di Stato. Ora rischia di diventarlo anche per la 35° edizione della mostra del libro torinese, intitolata “Attraverso lo specchio”, in programma dal 18 al 22 maggio con 800 espositori e 53 curricula scartati, uno dopo l’altro, di chi ambiva a gestire la rassegna. Nessuno aveva i requisiti professionali per affidargli la direzione? Non è questo il punto. Il problema è trovare la persona giusta per non scontentare nessuna parte politica. Con tanti saluti all’autonomia rivendicata dal direttore Nicola Lagioia che in primavera condurrà la sua settima e ultima edizione. Il successore dovrà rappresentare il compromesso fra destra e sinistra e il rapporto malato tra cultura e politica.

Bisogna tenere conto di tutto e di tutti. Sembrava che la trattativa tra il governatore di Forza Italia Alberto Cirio, il sindaco di Torino del Pd Stefano Lo Russo e il ministro della cultura del governo Meloni Gennaro Sangiuliano avesse partorito l’accordo sul nome di Paolo Giordano, scrittore noto per “La solitudine dei numeri primi” con simpatie a sinistra, affiancato da Elena Loewenthal, scrittrice, traduttrice e direttore del Circolo dei Lettori di Torino. Ma l’ipotesi sembra sfumata e ora si fanno nuovi nomi vicini alla cultura di destra, Marcello Veneziani, Pierangelo Buttafuoco, Francesco Borgonovo e Giordano Bruno Guerri. Le bocce sono ferme. Per ora. Alla faccia di un Salone libero, pluralista e senza colore politico.

In attesa di sviluppi c’è chi ricorda quanto accadde nell’edizione 2019 quando la presenza in fiera della casa editrice Altaforte vicina a Casapound (l’editore Francesco Polacchi si presentò senza peli sulla lingua ammettendo “sono fascista”) gettò Torino nel caos. Alcuni scrittori e intellettuali si rifiutarono di partecipare alla rassegna, il sindaco e il governatore del Piemonte chiesero di sloggiare lo stand e la direzione del Salone risolse il contratto con Altaforte, escludendo di fatto il libro-intervista a Matteo Salvini che, grazie al clamore suscitato sui media, schizzò in testa alle classifiche dei libri più venduti. Fu uno sfratto politico e una pubblicità involontaria. Un regalo alla Lega che chiese invano la testa del direttore Nicola Lagioia.

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