L’Ordine dei giornalisti compie 60 anni – fu istituito il 3 febbraio 1963 con la cosiddetta “legge Gonella” n. 69 – e l’anniversario cade in un momento in cui l’informazione in Italia non gode di buona salute. Il precariato, lo sfruttamento nelle redazioni con l’elusione e il dumping contrattuale, il giornalismo d’inchiesta bersagliato da minacce e querele-bavaglio che intimidiscono gli autori dei servizi, i problemi legati alla transizione digitale, alla formazione multimediale e alla modernizzazione della rete distributiva, le fake news che si sono aggravate con l’emergenza sanitaria e i cyber-attacchi mettono a rischio la dignità del lavoro del cronista.
L’Ordine, come ricorda il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è il custode della deontologia professionale dei giornalisti che sono tenuti ad informare i cittadini secondo i doveri di lealtà e di buona fede: “L’informazione gode dell’esplicita tutela dell’articolo 21 della Costituzione, è un veicolo di libertà e non può essere soggetta a censura”. Ma i problemi non mancano. Per il presidente dell’Ordine Carlo Bartoli “…sono necessarie norme al passo coi tempi per governare il drammatico cambiamento che l’editoria sta affrontando. Bisogna riscrivere le leggi della stampa che risalgono al 1948, non nei principi che rimangono attuali, ma nelle modalità di esercizio”.
“Per svolgere il loro lavoro negli ultimi 60 anni i giornalisti hanno pagato un pesante tributo di sangue – osserva Bartoli – Trentuno colleghi sono stati uccisi dalle mafie, dal terrorismo o nei teatri di guerra. L’Italia detiene il triste primato in Europa di ventidue giornalisti che per lavorare vivono sotto scorta in uno scenario di auto bruciate, buste con proiettili e animali sgozzati recapitati a domicilio. Alle minacce si aggiungono atti intimidatori più sofisticati, azioni giudiziarie con esorbitanti richieste di risarcimento e una condizione di lavoro precaria che incide sulla qualità, con colleghe e colleghi sottopagati, spesso senza prospettive di stabilizzazione”.
“In questo quadro – aggiunge il presidente dell’Ordine – l’informazione professionale assume una nuova centralità e il giornalista deve avere ancora più attenzione ai propri doveri: non derogare mai dalla verifica rigorosa delle fonti, attenersi alla continenza nel linguaggio, avere a cuore l’accuratezza della narrazione e praticare sempre il rispetto per la dignità della persona. Il giornalismo deve ritrovare la dimensione etica del proprio lavoro, quell’orizzonte di valori fondanti basati sulla Costituzione. Per farlo è indispensabile garantire l’accesso alle fonti a cominciare da quelle giudiziarie ed estendere la norma sul segreto professionale”.
Così come è urgente una norma che scoraggi le azioni giudiziarie temerarie, le cosiddette querele-bavaglio. “La presunzione di innocenza è un principio sacrosanto – conclude Bartoli – ma non può diventare un alibi per tacere di fatti di grande rilevanza pubblica. Sulle intercettazioni esiste già una legge che deve essere applicata con maggiore attenzione dalla magistratura e comunque siamo aperti al confronto, stimolando i colleghi a un vaglio più attento, selezionando brani di conversazioni non utili alla comprensione dei fatti ma che portano alla ribalta relazioni e fatti privati del tutto ininfluenti e non di interesse pubblico”.
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