Anche i giorni della Merla – omaggio alla leggenda della famigliola di pennuti che avrebbe cercato riparo dal freddo e dalla neve rifugiandosi in un comignolo – sono passati, ma non si sono visti né un fiocco né una nuvoletta. Se la prima settimana di febbraio al nord ha visto cielo primaverile e temperature abbondantemente in doppia cifra, la seconda, ha regalato aria fredda e cielo più coperto, ma le precipitazioni si sono viste ben più a sud, come già il mese prima. Che cosa sta succedendo? Effetti del riscaldamento globale o semplice coincidenza?
Nella regione dei laghi si sono… rotti i tubi? Per capirlo, ci siamo rivolti ai meteorologi del Centro Geofisico Prealpino, nella suggestiva sede sulla collina di Villa Baragiola, a Masnago.
«In meteorologia occorre diffidare delle impressioni a breve, o anche del ricordo “di quella volta che…”, ma è un fatto che nel 2022 a Varese si è registrato un record negativo di soli 768 mm di precipitazioni contro il precedente di 970 mm e il 2023 per ora non mostra inversioni di tendenza. Eppure, ancora il 2014 riportava di 2464 mm di precipitazioni nell’anno», dice Paolo Valisa dal suo “cockpit” masnaghese.
L’inversione di tendenza è un fatto: «Fino agli anni ‘90, le perturbazioni atlantiche passavano dal Mediterraneo portando aria umida da meridione e quindi piogge e nevicate anche in pianura. Oggi più frequentemente le alte pressioni ostacolano invece le stesse, mentre il maltempo scende più spesso dal Nord Europa, supera la barriera alpina con ricaduta di aria più secca e riscaldata a sud delle Alpi, con le temperature più alte che abbiamo appena visto. Il fronte freddo scavalca le nostre regioni, scende verso sud e si scontra con l’aria umida mediterranea, generando il maltempo sull’Italia centrale e meridionale. Inoltre, con il generale aumento delle temperature, il limite delle nevicate si sposta sempre più verso l’alto”.
Come proseguirà l’inverno? Riusciremo a vedere neve? «Difficile fare previsioni a lungo termine, perché sono troppe le variabili che influiscono sul clima» avverte Simone Scapin, l’altro meteorologo del Centro, che si occupa soprattutto di organizzare le grandi quantità dei dati raccolti e i modelli matematici alla base delle previsioni. Con pochi click sul computer mostra come, modificando anche di poco alcuni dati di partenza, gli esiti possono cambiare rapidamente. «Troppe variabili si influenzano reciprocamente. Per questo preferiamo non avventurarci in stime a distanza temporale. A questo si aggiunga la complessità orografica che da noi rende il meteo diversificato anche a distanza di poche decine di chilometri».
La rete è complessa: al Centro Geofisico – dove già la mattina alle 7.20 escono i primi “flash” per il Gazzettino Padano, con frequenti aggiornamenti nel corso della giornata – arrivano i dati trasmessi dalle 32 stazioni meteorologiche che coprono la provincia, da Zenna a Castellanza. Sono preziose informazioni che si sommano a quelle delle reti regionali, nazionali, internazionali, per monitorare un vasto territorio.
I numeri del 2022, confrontati con gli ultimi 50 anni, indicano la seconda estate più calda, per pochi decimi dopo quella del 2003. Per la precisione: il terzo giugno (+2,5 gradi sopra la media), il secondo luglio (dopo 2015) e il secondo agosto (record 2003) più caldi. Tuttavia a preoccupare non è solo la temperatura: la mancanza di neve invernale e l’estate più secca, con solo 127 millimetri di pioggia, contro una media di 401, hanno portato alla magra del Lago Maggiore più severa degli ultimi 70 anni. «Oggi le falde sono già vuote, il Verbano e il Po sono vicini ai livelli di magra e la neve in montagna, la nostra cassaforte per l’estate, è poca», aggiunge Valisa.
Qualche giorno fa il sindaco di Varese Galimberti è andato a visionare una nuova falda in Valle Olona. Rischiamo di restare a secco? «Noi ci occupiamo del meteo, naturalmente i Comuni hanno dati più adeguati a monitorare le falde, e chissà, magari i prossimi mesi potrebbe portarci piogge abbondanti e neve in quota, ma i dati storici che abbiamo suggeriscono che il caldo e la siccità del 2022 in futuro potrebbero essere sempre più la regola e sempre meno un’eccezione. Dunque si, il principio di precauzione ci dice che facciamo bene a guardare avanti e cercare per tempo delle contromisure».
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