Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi. (Giovanni 14, 15-20)
Il mondo non può ricevere lo Spirito della verità, consolante, perché “non lo vede e non lo conosce”. Chi ce l’ha a dimora presso di sé lo conosce, ce l’ha dentro; lo si vede perché è vivo, operante per tutti i secoli dei secoli; lo si trova nel seguace di Cristo, nella famiglia cristiana, nelle comunità dei fedeli che costruiscono nel regno di Dio, nella Chiesa universale. Ma chi non lo possiede dentro di sé, non lo conosce e di conseguenza non lo può comprendere vedendolo operare. Coloro che ne sono privi non sono capaci di riconoscerlo come Colui che esprime la verità che libera, salva, consola. Di chi è la colpa? Di colui il quale si priva della possibilità di ricevere lo Spirito, non avvicinandosi a chi invece potrebbe consegnarglielo, rinunciando a percorrere le strade dell’incontro col Signore, rifiutando di farsi trasportare dal richiamo delle chiese che l’invitano a seguirlo. Ma la colpa appartiene pure a chi non lo fa scoprire, quello Spirito, nell’interno della propria personalità, non lo fa trovare disponibile per coloro che lo potrebbero cercare, chiedere e ottenere. Questo è il caso del credente che non apre la porta al prossimo che bussa rivelando la sua sete, la sua necessità di spiritualità. Appartiene a questa categoria di credenti “reticenti” il singolo fedele come la collettività dei gruppi chiusi, ristretti, i quali selezionano per l’ingresso secondo canoni, parametri, di cultura, censo, quando non di interesse materiale. Esiste poi la colpa di una terza categoria di persone: coloro che senz’altro favoriscono l’incontro con lo Spirito Santo, la sua conoscenza attraverso l’introduzione nella vita sacramentale e la pratica religiosa finalizzata alla crescita nella fede e al raggiungimento della perfetta comunione col divino; però non credono veramente nelle cose che propongono, preoccupandosi che vengano recepite soltanto nella forma, senza accertarsi che la sostanza del credo spirituale sia acquisita realmente da chi ne ha bisogno, da chi non la possiede ancora. Cioè, non si curano dei semi di spirito destinati ad emergere come germogli nella consapevolezza dei fedeli, ma ad un certo momento si disinteressano, si disimpegnano, lasciando quei semi in balìa dei venti, i quali li disperdono facilmente e di quelli non resta traccia nei cuori che li ospitavano.
Concretamente, quando osserviamo molti testimoniare che la consolazione e il sostegno oggi non si trovano che nel soddisfacimento “tout court” di bisogni personalistici, indicando, perseguendo obbiettivi di basso profilo morale, di misero ordine etico, buoni solo per brevi quanto inutili momenti di godimento specifico, dobbiamo ritenere che essi non sappiano quant’è ricco lo Spirito dispensatore di gioie eterne che neanche possono immaginare; che rinuncino ad assaporare primizie spirituali talmente variegate da esser nuove ad ogni assaggio, superiori e nobili per la loro originalità; che rifiutino quella proposta evangelica così sostanzialmente consolante ed adatta a tutti che non v’è bisogno d’altro per sentirsi meglio. Che paia loro obbligatorio sfruttare gli individui allo scopo d’appagarsi piuttosto che dare propri frutti per nutrire gli affamati? O comperare per forza ciò che fa gola anziché spendere con equità, con solidarietà? Saziarsi invece che trattenere sostanze da versare negli stomaci ingrossati per la fame del mondo povero? Dice Davide: “Gustate e vedete quanto è buono il Signore” (Sal 33, 9), ma non si accetta l’invito del Salmista.
Quando osserviamo molti trincerare il proprio credo, limitarlo alle mura domestiche, private, e nascondersi se cercati per causa della propria religiosità, aspettati da qualcuno che vorrebbe tanto sapere perché sperano nel Signore e se sperano nel Signore, dobbiamo pensare che non facciano l’interesse del prossimo bisognoso di testimonianza di spirito cristiano. Dice Pietro d’esser “pronti sempre a rispondere a chiunque” ci “domandi ragione della speranza” che è in noi (1Pt 3, 15) , ma si cambia discorso.
Quando osserviamo molti battezzare e cresimare creature senza rivelarsi essi stessi battezzati e cresimati per l’amorosa appartenenza a Cristo, senza apertamente mostrarsi adoratori dello Spirito divino, o quando li vediamo fare l’opposto di ciò che predicano o impongono, dobbiamo considerare che siano degli ipocriti misconoscitori delle verità che sembrano sostenere. Dice Gesù: “Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno” (Mt 23, 3).
Il mondo non può ricevere lo Spirito che consola anche per causa nostra. Rinnoviamo l’invocazione sincera: “Vieni Santo Spirito, riempi il cuore dei tuoi fedeli ed accendi in essi il fuoco del tuo amore”.
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