Come segno di buon augurio, la Zecca vaticana ha emesso 499 esemplari della prima di tre monete da 200 euro d’oro (valore 3.498 €) in vista del Giubileo del 2025 proclamato da papa Francesco per celebrare la speranza e la fiducia. C’è bisogno di entrambe dopo la pandemia da Covid-19 e la guerra in Ucraina. E sulle ali della fiducia lo Stato italiano, il Comune di Roma e la Regione, sulle cui spalle pesa l’accoglienza dei pellegrini, hanno aperto i cordoni della borsa: già stanziati, con un primo decreto del presidente del consiglio dei ministri, 1,8 miliardi che diventeranno 2,3 con le risorse del Pnrr e saliranno a quasi 4 miliardi con un secondo dpcm.
Accogliere i 20-30 milioni di pellegrini previsti per il 2025 sarà un evento non solo religioso e una sfida per Roma che ha due anni di tempo per portare a termine una missione complessa, dalla sistemazione delle strade dissestate (costerà 200 milioni) al potenziamento dalla nettezza urbana, dai trasporti pubblici alle misure per il traffico: dando per scontato che in 24 mesi sarà respinto l’assalto dei cinghiali al raccordo anulare. Da ora scatta il cronoprogramma trimestre per trimestre e cadono i primi sogni irrealizzabili, le opere non ancora “cantierizzate” che sono presumibilmente in ritardo per il 2025.
A Roma è previsto un piano straordinario di manutenzione di parchi e giardini, ville, fontane, siti storici e archeologici, fornitura di bus ibridi, treni del metrò e nuove fermate Atac. Il tutto, come piace al papa, con un occhio di riguardo a chi ha scarsi mezzi economici: sono previsti un ostello della gioventù a S. Maria della Pietà, un centro per disabili, un luogo di accoglienza per persone senza fissa dimora, undici case dell’acqua e nuovi bagni pubblici. La riqualificazione dello spazio pubblico contempla interventi anche in Vaticano per 70 milioni da spendere nel sottopasso di piazza Pia e nel percorso pedonale da Castel S. Angelo a via della Conciliazione.
Fu una sfida anche il primo Giubileo ufficiale, quello di Bonifacio VIII nel 1300 a cui presero parte 2 milioni di pellegrini. Nell’Inferno Dante Alighieri, testimone oculare, lo definì un “esercito” di persone e folle numerose accorsero per gli Anni Santi del 1350 e di tutto il secolo successivo. I romei diminuirono a partire dal 1525 per la riforma protestante e dal 1575 al 1675 il loro numero si attestò tra i 5 e 600 mila per volta. Il viaggio a Roma era pericoloso per le strade dissestate, le epidemie e gli assalti dei banditi. Le cronache riferiscono che dei romei partiti dal Belgio nel 1350 ritornò in patria la decima parte, morti gli altri di pestilenza o consumati dalla fatica.
Per raggiungere Roma e ottenere l’indulgenza di tutti i peccati, i fedeli disponevano della sospensione delle cause civili, della moratoria per i pagamenti e dell’esenzione dai pedaggi su strade e terre che attraversavano. A Roma si rifocillavano in ospizi e case private (“I romani tutti son fatti albergatori” scrive Matteo Villani e Giovanni Rucellai parla di 1022 osterie con insegne e di molte altre senza). Chi non trovava posto era accolto dai connazionali residenti a Roma. Nacquero così gli ospizi dei tedeschi, dei fiamminghi, dei boemi ecc. E se non bastava, la Confraternita dei pellegrini prendeva in affitto case e granai per ricoverare chi dormiva all’addiaccio.
Alla fine un buon affare per tutti. Scrive un cronista nell’Anno Santo del 1450, regnante papa Niccolò V di soli 49 anni: “L’arti che fero assai denari furono questi, cioè la prima di banchieri e lli spetiali e pentori del Volto Sancto, questi ferno gran tesoro; appresso osterie e taverne, massime chi lle fece per le strade de fuori, overo in piazza de sancto Petro e di santo Ianni e tutte l’arti fecero assai bene”. E aggiunge che il pontefice depositò presso il banco della famiglia Medici centomila fiorini d’oro.
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