Del pittore Domenico De Bernardi conservo invero ricordi confusi.
Non dei quadri, ovviamente, ma della persona.
Rammento, io giovinetto, un paio di incontri nel corso dei quali il Maestro, discorrendo con mio padre, appariva stralunato, sofferente, quasi stanco di vivere.
Ed ecco che, oggi, improvvisamente, leggendo nel diario ‘Misure del tempo’ una oramai antica (è datata 9 dicembre 1955) pagina del grande Orio Vergani, così come lo conservo nella memoria, lo ritrovo.
Scrive infatti quel prolifico autore letterario: “Incontro in Montenapoleone il pittore De Bernardi…
Una specie di amicizia di trent’anni fa…
Lo avevo rivisto, ora è un mese, a Monza…
La vita ci abitua a tutto, ma mi avevano stupito, rispetto al ricordo che avevo del suo viso, la spettrale magrezza, il logorio di una vecchiaia insospettata…
Mi ferma.
Comprende la mia fretta, ma ha bisogno di raccontarmi la sua storia.
Mi parla vagamente, rapidamente, di un misterioso personaggio che non gli dà pace.
Dice: “Potrei denunciarlo, ma ne nascerebbero delle gravissime conseguenze, perché mia moglie e mia figlia direbbero che la mia denuncia è frutto solamente dell’immaginazione.
Cambia i colori dei miei quadri.
Entra di nascosto e dipinge una palma là dove c’era un cielo sgombro. dipinge un cespuglio di rampicanti là dove c’era, la sera prima, un muro nudo, bianco, di un bianco bellissimo.
È un’insidia costante.
Guarda, mi ha cambiato anche gli occhiali.
Avevo gli occhiali adatti alla mia vista.
Li ha cambiati con questi che falsano tutti i colori, tutte le proporzioni.
Mi sposta di notte gli oggetti delle nature morte.
Lascio un quadro su una parete, lo trovo su un’altra.
E mia moglie e mia figlia dicono che è tutto frutto della mia immaginazione’.
Parla così, affannoso e gentile, spiacente di farmi perdere tempo al crocicchio della città indifferente. Mi sovviene l’immagine della triste edera che ammanta i vecchi castelli diroccati”.
Non molto tempo fa, a Laveno, mi sono imbattuto in una retrospettiva di De Bernardi e ho notato come i dipinti ultimi siano meno valutati, naturalmente perché ritenuti opera di un “estraneo” al tradizionale artista.
Ebbene, per quel che mi riguarda, potessi, acquisterei solo le opere di quel “misterioso personaggio” del quale parlò a Vergani e che gli occupava totalmente la mente.
Quasi sempre, difatti, solo l’eccesso intellettuale consente all’artista di elevarsi sopra l’umana miseria.
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