(S) Ti sfido: tu che sei tanto favorevole a tutte le manifestazioni identitarie, sociali, nazionali, sportive, religiose, politiche, prova a comporre un’apologia, paradossale purchessia, dello scontro tra le tifoserie napoletane e romaniste di domenica scorsa, che ha paralizzato l’Autostrada del Sole.
(C) Ottima occasione per chiarire: quell’inclinazione a sentire come proprie le vicende di certe persone o di certi gruppi sociali più o meno vasti ed importanti, da una squadra di calcio alla Patria o alla propria religione, non hanno nulla a che fare con questi raggruppamenti sociali, più simili nelle loro dinamiche alle associazioni dedite al crimine che alle piacevoli espressioni di simpatia, indirizzate a qualcuno o qualcosa cui si attribuisce un valore speciale.
(O) Mi pongo anch’io la stessa domanda di Conformi, ma dal lato opposto: lui vorrebbe ridurre al minimo le differenze identitarie, io invece sento come ricchezza ogni possibile differenza e vorrei farla apprezzare a tutti. Ma ti prevengo: non mi dire che la verità e il bene stanno nel giusto mezzo.
(C) Proprio non ci penso. Spero che non solo voi, ma la quasi totalità dei nostri pochi lettori, abbiano ben presente che lo scopo dei nostri trialoghi sia quello di uscire dai LUOGHI COMUNI, quelle opinioni tanto diffuse e consolidate che sembrano verità e non lo sono, anzi ostacolano la ricerca di qualcosa di più bello, di più soddisfacente, di più ispirativo di ciò che già siamo o abbiamo. Non c’è nemmeno un “giusto mezzo” in questo o in casi simili, come se si potesse accettare un po’ di violenza o comunque di affermazione partigiana in qualsiasi genere di espressione sociale.
(O) Infatti io trovo altrettanto e forse più grave l’episodio della curva dell’Inter fatta sgombrare dagli ultras per “onorare” la memoria di un loro capo, coinvolgendo gente che non c’entrava nulla. Forse quando la dimensione da comunità diventa massa, si scatenano reazioni psicologiche incontrollabili. Forse molti di questi scatenati, la mattina prima o la sera dopo sarebbero così educati da cedere il posto alla vecchina in metrò e non salterebbero la fila alla posta.
(C) Pensiamo anche a certe manifestazioni di massa, per esempio politiche: la tifoseria per Trump o per Bolsonaro poteva ben esistere ed anche esprimersi pubblicamente, ma gli assalti alle istituzioni non hanno nulla a che fare con l’identità, sono state azioni criminali, certamente preordinate e volte ad un fine non solo particolare, ma intrinsecamente cattivo. Non confondiamo comportamenti anche esagerati, con altri che sottendono disegni criminosi.
(S) Quindi sei d’accordo con me che occorre non solo reprimere anche duramente, come richiesto dallo stesso presidente del Napoli Calcio, questi avvenimenti, ma pure prevenirli?
(C) Condannare e reprimere, certo. Che vuol dire prevenire? Conoscere in anticipo la preparazione di atti lesivi della libertà e della dignità altrui e adottare provvedimenti per impedirli, certamente, Promuovere una cultura e un’educazione che neghi la ricchezza delle differenze identitarie, certamente no. No, nemmeno nel particolare apparentemente insignificante di passioni come quella sportiva o quella per un cantante, per un’attrice o per un politico. Di sicuro non per sminuire una rivendicazione di dignità sociale o culturale. Mi disturba persino che si usi la parola “tifo”, nome di una malattia grave e contagiosa, per indicare la diversità di opinioni a proposito di cose veramente serie, come la guerra tra Russia e Ucraina o definire ‘tifoserie’ le differenze di vedute tra chi apprezza Ratzinger e chi Bergoglio. Ciò che io chiamo ‘tifo’ o ‘fanatismo’ è l’incapacità di riconoscere e rispettare le ragioni altrui. È un grande paradosso, meglio un grave errore, che si usino gli stessi termini per banalità e per questioni di sostanza.
(O) Nessuna difesa di quel “tifo” o di qualsiasi espressione di “fanatismo”. Però non accetterò mai che un potere, comunque legittimato, con la forza o con l’egemonia culturale, sopprima le differenze di pensiero, di sentimenti o anche solo di gusti e di tradizioni tra le persone e i gruppi sociali. Bisognerà ricordare a quell’illustre amico che ama ripetere che “tutti gli uomini nascono buoni, uguali e juventini, poi si rovinano”, che, almeno per il terzo caso, se non ci fosse qualche variante, proprio non ci sarebbe più gusto nemmeno nella vittoria.
(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti
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