Luiz Inácio Lula da Silva ha giurato come presidente del Brasile per aiutare a invertire la marea di distruzione che ha travolto la foresta pluviale amazzonica.
Porre fine alla deforestazione della foresta pluviale più importante del mondo, che ha subito un’accelerazione sotto il suo predecessore Jair Bolsonaro, corrisponde a quanto il mondo si aspetta da un paese socialmente e ambientalmente responsabile per contrastare il cambio climatico.
Purtroppo dopo il suo insediamento al Planalto di Brasilia, un evento senza precedenti nella storia del Brasile ha deturpato non solo in Sudamerica, ma dopo Capitol Hill, nel mondo intero la democrazia. Il saccheggio del Palazzo presidenziale e della Corte suprema da parte dei sostenitori di Jair Bolsonaro è un atto eversivo, compiuto da una massa spregevole, che ha dileggiato con atti fascisti le istituzioni democratiche nella bellissima cornice degli edifici dei grandi architetti Angel e Nemeyer.
Non dobbiamo rassegnarci alla cronaca che racconta la ferita inferta alla democrazia brasiliana. Il penultimo schiaffo era stato costituito dall’assenza di Bolsonaro alla cerimonia d’insediamento del suo successore nel primo giorno dell’anno. Lula ha scelto che a “incoronarlo” presidente fossero Aline Sousa, una “catadora” (riciclatrice di rifiuti) di 33 anni; Francisco, 10 anni, bimbo di una favela di San Paolo; Weslley Rodrigues, operaio; il leader indigeno Raoni Metuktire; il docente Murilo de Qadros Jesus; la cuoca Jucimara Fausto dos Santos; il militante Flávio Pereira e Ivan Baron, un giovane disabile. Ciascuno rappresentante di una categoria sociale che negli scorsi anni sono state umiliate e sottoposte a politiche di fame.
Bolsonaro aveva revocato l’applicazione della legge di tutela della foresta, aveva attaccato i proprietari terrieri indigeni ed incoraggiato l’industria, portando a un devastante aumento del 60% della deforestazione durante il suo mandato.
In risposta, l’UE ha ritardato la conclusione di un accordo commerciale provvisorio del 2019 con il blocco Mercosur di Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, affinché l’elezione di Lula riportasse l’accordo nell’agenda UE Next Generation. Marina Silva, l’allieva di Chico Mendes, è ora ministro dell’ambiente e del cambiamento climatico e Sonia Guajajara, una donna indigena, è stata designata primo ministro delle popolazioni indigene del Brasile.
Appena due settimane dopo la sua vittoria elettorale di ottobre – e nonostante non fosse ancora in carica – Lula è apparso ai colloqui sul clima della COP27 in Egitto per rassicurare il mondo che il Brasile sarebbe stato un amministratore ambientale responsabile. Il suo team ha anche avviato colloqui informali con la Germania per un nuovo pacchetto di finanziamenti per aiutare la transizione del paese sudamericano verso un’economia verde.
La nomina di Guajajara conferisce per la prima volta ai gruppi tribali brasiliani un ministero nel governo. Questo è anche visto come un fattore chiave nella protezione dell’Amazzonia poiché gran parte della foresta si trova all’interno di aree designate come terre indigene ma che sono spesso predate da bande criminali che gestiscono operazioni di estrazione e disboscamento o aprono la foresta al pascolo.
L’attenzione per il “polmone del mondo” interessa a fondo anche noi, abitanti della Lombardia. Il cambiamento climatico è fenomeno di dimensioni globali: veniamo anche qui da un lungo periodo di siccità e da fenomeni improvvisi di rara intensità. Il rapporto annuale di Legambiente ricorda come sia stato colpito nel 2022 il centro nord, con un clima sempre più torrido e con una diminuzione massiccia della produzione agro-alimentare. Dei 310 «fenomeni» che hanno provocato 29 morti nella penisola, la Lombardia è la regione che registra più casi “singolari”, ben 37. Il mese di Giugno 2022, poi, ha visto una anomalia della temperatura media di +3,3°C in Italia e temperature attorno ai 40°C per più giorni nelle città nella pianura padana.
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