Dopo vent’anni di governo populista di destra e la logorante fase dell’uribismo (Alvaro Uribe è stato Presidente dal 2002 al 2010) la Colombia col Presidente Gustavo Petro, leader della coalizione di sinistra Pacto Historico e la vicepresidenza di Francia Marquez grazie alle elezioni dello scorso giugno, ha deciso al contempo di darsi un nuovo volto e di avviarsi per un’esperienza di sinistra distinta da quella di analoghi schieramenti riformatori tipici di altri Paesi sudamericani. La campagna elettorale, indubbiamente aspra, ha voluto significare la ripresa economica della Colombia dopo la pandemia, frenare il meccanismo di cooptazione degli organi giudiziari e amministrativi messi in opera dal governo uscente di Ivan Duque, fiaccare l’intensificazione della violenza armata imperante in varie regioni del Paese, combattere la piaga del narcotraffico, ovviare ai movimenti sociali di protesta e all’aumento della disoccupazione e della povertà.
Sono stati posti al centro la libertà di impresa, il potenziamento del settore industriale e del settore d’estrazione degli idrocarburi, la distribuzione più democratica delle proprietà terriere, la crescita della produttività agricola, la lotta contro il cambiamento climatico. Il risultato del ballottaggio ha sancito la vittoria di Petro con 11,3 milioni di voti contro i 10,6 a favore di Hernandez, candidato della Liga de Gobernantes Anticorrupcion. Alle urne il 58% dei 39 milioni di aventi diritto al voto, l’affluenza più alta dal 1998. Sin dall’inizio Petro si è impegnato in un dialogo aperto colle principali forze politiche del Paese (Equipo por Colombia, di destra, Coalicion de la Esperanza, di centro, Liga de Gobernantes Anticorrupcion). All’inizio di ogni legislatura ogni Partito deve dichiarare ufficialmente la propria posizione in Congresso, vincolante per tutti i quattro anni del mandato. Il governo di Petro può contare sulla maggioranza assoluta in entrambe le Camere (63 senatori su 108 e 106 deputati su 186).
A sostegno di Petro, oltre il suo Pacto Historico, il Partido Liberal e il Partido social de Unidad Nacional. Contrario risolutamente il Partido uribista (Centro democratico). La sfida di Petro quella di costituire un governo di sinistra senza suscitare apprensioni tra la popolazione, come tra gli esponenti del settore finanziario e della grande industria, dimostrandosi statista maturo ed equilibrato. Altri fattori interessanti la parità di genere tra i ministri, un rapporto adeguato tra funzionari di lungo corso e giovani qualificati, la disposizione al dialogo colla società civile.
Peraltro già ai tempi di Juan Manuel Santos era intervenuto tra il governo e le FARC (Forze armate rivoluzonarie de Colombia) un accordo di pace, onde il conferimento a Santos del Premio Nobel per la Pace nel 2016. Attualmente Ministro degli affari esteri è il conservatore Alvaro Leyva, cui spetta il compito di riannodare i rapporti con l’ELN (guerriglieri) e di ricucire i rapporti con Cuba e il Venezuela. José Antonio Ocampo è il nuovo Ministro del tesoro, con il compito di realizzare una riforma tributaria; a velocizzare la macchina legislativa l’esperto congressista Roy Barreras, Presidente del Congresso. Ministro della Difesa Ivan Velazquez, magistrato della Corte suprema e già figura chiave nell’indagine contro certe degenerazioni nell’ambito delle Forze Armate. Mutamenti radicali si attendono nell’ambito dell’interesse verso il clima e la cosiddetta “pace totale”. Non trascurabile l’attenzione al settore tessile e a quello turistico, alla redistribuzione delle terre confiscate ai narcotrafficanti a favore della popolazione contadina, sinora affidate a latifondisti che ne hanno scarsa cura.
Petro intende promuovere una politica di protezione per l’Amazzonia e i molti ecosistemi a rischio (“politica della vita”), contro la deforestazione selvaggia e a favore delle energie rinnovabili. Ha seri propositi di riformare i vertici delle Forze armate compromessi per corruzione, abuso di potere e violazione dei diritti umani.
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