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Storia

ALLA MAMMA D’ITALIA

SERGIO REDAELLI - 26/05/2012

Il momumento alla famiglia Cairoli, opera dello scultore Enrico Cassi, a Pavia

Enrico Cassi era nato il 19 febbraio 1863 a Cuasso al Monte, figlio del proprietario di una delle cave di pietra di Saltrio, allora in provincia di Como, che avevano contribuito a rendere famosi i maestri comacini. Emigrò a Milano giovinetto, studiò all’Accademia di Brera, scolpì il monumento al generale garibaldino Giuseppe Dezza oggi ai giardini pubblici di Corso Venezia e contribuì alla statua di un altro celebre garibaldino, Luciano Manara; poi si trasferì a Pavia e ricavò dal granito il suo capolavoro, il monumento alla famiglia Cairoli, alto tredici metri, inaugurato il 27 aprile 1900 in piazza del Lino.

Tra una statua e l’altra, si guadagnava da vivere scolpendo lapidi al cimitero e morì a cinquant’anni nel pieno di una promettente attività artistica. “Aveva i numeri per diventare uno dei più grandi – spiega lo storico Amerigo Sassi – allo stesso livello di Enrico Butti di Viggiù”.

Sopra un massiccio basamento si erge il gruppo bronzeo che raffigura Adelaide Cairoli, la “mamma d’Italia”, che consegna il tricolore ai figli Benedetto, Enrico, Ernesto, Luigi e Giovanni in procinto di partire per le patrie battaglie e di morire, quattro su cinque, per la libertà dal giogo straniero. L’unico superstite, Benedetto, diventerà presidente del consiglio dei ministri nel Regno d’Italia a più riprese tra il 1878 e il 1881 e farà scudo al re  Umberto I di Savoia nell’attentato dell’anarchico Passannante il 17 novembre 1878. Il voluminoso “dado” alle spalle del gruppo bronzeo ha, su un lato, la veduta di Pavia e sugli altri tre lati i rilievi bronzei con i combattimenti di Varese, Palermo e Villa Glori. Un medaglione alla base dell’obelisco reca infine l’effige del professor Carlo Cairoli, medico chirurgo e podestà di Pavia, padre dei coraggiosi fratelli.

Cinque figli degni di tanta madre. Adelaide Bono Cairoli era l’anima del Comitato Patriottico Femminile d’ispirazione mazziniana e aveva il compito di raccogliere fondi per la causa nazionale con Laura Solera Mantegazza, un’altra “pasionaria” che univa all’impegno politico la sensibilità sociale (creò le scuole per le ragazze madri a Milano e abolì la ruota dei trovatelli). Collette, sottoscrizioni, raccolte d’indumenti e di denaro per rispondere all’appello del Generale che chiedeva “un milione di fucili”. Dalla sua villa a Belgirate, sulla sponda piemontese del lago Maggiore, Adelaide organizzava la cucitura delle camicie rosse per i volontari di Garibaldi e favorì l’impegno dei figli nelle guerre per l’indipendenza sopportando – con ammirabile forza d’animo – il loro sacrificio.

Ernesto, volontario dei Cacciatori delle Alpi, cadde colpito da una fucilata nello scontro di Biumo Inferiore il 26 maggio 1859 e l’episodio fu immortalato in un celebre quadro da Federico Faruffini. A Napoli morì invece Luigi, ventidue anni, stroncato dal tifo durante la spedizione dei Mille il 18 settembre 1860. In quello stesso anno a Palermo, Enrico riportò una ferita alla testa che non gli impedì di combattere in Aspromonte nel 1862 e quattro anni più tardi a Monte Suello. Morirà il 23 ottobre 1867 nel colpo di mano di Villa Glori a Roma tra le braccia del fratello Giovanni, anch’egli colpito, che si spegnerà a Belgirate l’11 settembre 1869 per i postumi della ferita.

La casa Cairoli a Belgirate fu sempre un porto sicuro per Garibaldi. Nel giugno del 1862, il generale vi trascorse una settimana dividendosi tra i comizi alle società operaie in alcuni paesi rivieraschi, i campi di tiro a segno di Premeno e Cannero e la visita a Intra a Francesco Simonetta, valoroso combattente del Volturno. Tra tanti impegni c’era anche lo spazio per qualche attimo di buonumore. Nell’ottobre del 1870, Belgirate fu colpita da una straordinaria inondazione e Garibaldi scrisse a Benedetto una letterina spiritosa: “Mio caro Benedetto, dite alla mammina che gliene voglio per non avermi chiamato al comando della sua barchetta nell’inondazione di Belgirate e che sarei stato ben superbo di aver servito sì intrepida navigatrice”.

Adelaide, madre modello e orgoglio d’Italia, morì il 27 marzo 1871. Fino all’ultimo rifiutò ricompense e onorificenze.

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