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Editoriale

CAMPIONE

MASSIMO LODI - 31/12/2022

benedetto-xviÈ morto il Pontefice del passo indietro, del mettersi di lato, del porsi in un canto. Lasciando perdere le considerazioni religiose, questa ne è la rappresentazione laica. Rara, fulgida, esemplare. Ratzinger è stato il contrario del sentimento sociale prevalente: apparire, affermarsi, dominare. Un uomo centralissimo e periferico insieme: percepito da una quota d’audience cattolica come distante, e invece vicino al cuore dei semplici.

S’annunciò, del resto, in qualità d’umile lavoratore nella vigna del Signore. Modestia studiata, fu detto. E invece si trattava d’una dichiarazione fedele all’intento del pronunciante. Il Papa costretto a un ruolo non suo -era nota la riluttanza ad assumere l’incarico- l’interpretò con ligia obbedienza alle regole, salvo istituirne una personale quando ebbe chiara la gravosità non più sopportabile  del carico trovatosi sulle spalle.

La rinuncia gli parve l’unica strada/l’inevitabile canone. Un atto di realismo, disciplina, virtù. In fondo non scelse lui, ma venne chiamato dal misterioso sentire dentro di sé a quella scelta. Né ebbe paura delle spiegazioni varie, fantasiose, perfino irriverenti che l’accolsero. In fondo fece ciò che ogni persona normale deve, quando gli sembrano inesistenti le alternative: ritirarsi.

Ritirarsi. Verbo che, grazie a lui, ha perduto il significato di smobilitazione e assunto il profilo di ripiegamento. Una sagomatura affatto negativa: è l’inchino alle ragioni della vita che, con gl’infiniti suoi fardelli, avanza più veloce e irruente del previsto. C’è chi ne sopporta il ritmo e chi no. I forti, i deboli. Ratzinger ha trovato posto nelle file dei deboli, da allora diventandone il più forte esponente.

Deboli-forti, poi, è un comodo/banale metodo di classificazione. Dove sta scritta tale graduatoria? A chi spetta fissare i contenuti dei due termini, delle due figure? A nessuno, proprio a nessuno. A ciascuno, invece, il suo  individuale verdetto. Talvolta, come nel caso di Ratzinger, con ricaduta positiva per tanti. Anzi, per tutti. La voce sottile, il gesto elegante, gli occhi sorridenti, l’umanità condivisa. Di lui, ai più, rimane questo. Non poco. Viceversa, molto. E comunque tanto quanto basta ai presunti perdenti per sentirsi meno solitari. Una ricchezza, nella povertà morale che governa il mondo. Fuori del Vaticano, s’intende. Che qui si nomina solo per prendere a modello (absit iniuria) uno dei suoi migliori “campioni”, se così è lecito definire un grande titolare defilatosi in panchina -anzi, in tribuna- in omaggio allo spirito di squadra. Al modo d’un qualunque “gregario”.

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