Per fare gli auguri per il Natale e il Nuovo Anno, ho deciso di andare col treno dai miei amici a Piadena (tra Cremona e Mantova), partendo, malgrado tre cambi, dalla mia Venegono, prima che venisse ad avvolgerci la nebbia dell’inverno. Loro due abitano attorno ad una vecchia stufa nella cascina dei loro genitori, che avevano una stalla.
Da giovani e fino a qualche anno fa facevano per eredità i “bergamini” (mungitori di vacche). Si chiamano “Miciu” e “Murand” e sono amici indivisibili, di grandissimo cuore, di acuta intelligenza e pieni di creatività. Se anziché uomini maturi fossero delle particelle elementari, li definiremmo “entanglement”, interallacciati, come i fisici vincitori del Nobel 2022 hanno definito gli elettroni che comunicano anche a grande distanza in perfetta sintonia.
Sono diventati i protagonisti di un film – “Paisan, ciao” – che presto verrà mandato in TV. Un lavoro molto meditato e girato con grande contezza, che mette in dialettica opposizione il lavoro nelle campagne – quello che si è fatto da secoli – e l’industria agraria di oggi – quella che ha spopolato e impoverito la terra.
Mentre mangiavamo al caldo della cucina i “marubini” in brodo, guardavamo dalla finestra i campi appena seminati e brillanti di brina e li confrontavamo con i campi e le serre di oggi, strutture che di naturale non hanno proprio più nulla: disegni geometrici fatti da forze invisibili e senza vitalità.
Bellissime e calde e vive, invece, le foto appese sul muro calcinato delle loro stanze, che sembrano risuonare delle voci di chi fino al dopoguerra lavorava senza mezzi meccanici ed ancora oggi è capace di pesare la differenza. È vero, dicevano i miei amici, il lavoro era faticoso e dovremmo salutare con gioia l’alleggerimento della fatica. Ma l’agricoltura meccanica, che volta la testa alla terra, alla natura e alle stagioni, e che preferisce l’omogeneità di aspetto alla ricchezza dei sapori, ha portato a un impoverimento enorme.
Non solo per i consumatori. Sono spariti i salariati agricoli: un tempo erano giovani, anziani, donne del paese. Oggi i braccianti sono gli ultimi lavoratori della terra, ne servono tanti e tutti insieme perché la chimica fa maturare verdure e frutta d’un botto, e quando non lavorano non si vedono più, tornano a essere migranti poveri. È sparito un sapere antico, che oltre alla produzione sapeva come si conserva e si trasforma, curava la bontà e la diversità del cibo. E una comunità solidale, che attorno al lavoro costruiva senso di vita, sentimenti e conoscenza.
Lo spazio di questo sapere è nelle foto di Giuseppe Morandi (il “Murand) e nelle parole di Gianfranco Azzali (il “Miciu”), animatori della Lega di Cultura di Piadena,
che ha una storia di 60 anni. La storia della Lega di Cultura è antica, nasce negli anni sessanta nella cascina Azzali grazie anche al contributo di Mario Lodi e Gianni Bosio. Un gruppo di giovani della bassa cremonese che studia, s’informa, vuol fare politica, cioè cambiare le cose.
Tra un sorso di brodo e l’altro e un boccale di vino della bassa – piuttosto aspro – «non so se sono belle. Le mie foto sul muro sono vere – dice Morandi – è la vita quotidiana. Le persone guardano in macchina, non si truccano o si nascondono, sono orgogliose del loro lavoro. È la mia gente, non li ho pettinati o sistemati».
«Ricordate – aggiunge – “Novecento” di Bertolucci, che pure è venuto a girare qui nella nostra cascina? Un contadino (Depardieu) che portava un sacco da 80 chili sulle scale si ferma a limonare con la Sandrelli: ecco, no. Uno che porta un sacco da 80 chili prima lo porta dove deve, solo poi cerca la morosa».
Li accusano, quelli della Lega di cultura, di essere fermi con lo sguardo all’indietro. Alla nostalgia dei bei tempi andati. «Eh no, quale nostalgia? – dice Gianfranco “Micio” Azzali – Questa era la terra più ricca, generosa e fertile d’Europa. Ora è impestata e inquinata da fabbriche inutili e da veleni. Sì, guardiamo indietro perché un popolo senza storia e senza memoria non ha futuro, e nel nostro futuro c’è anche quel passato. Bisogna tornare a un’agricoltura umana: se continuiamo con la chimica la terra diventerà sabbia». Sembra di sentire una Greta contadina.
Buon Natale e un 2023 in cui ci si ritrovi umani.
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