Data: Quando ero piccolo, mio nonno Edoardo alla mia domanda: “Quando arriva Natale?”, rispondeva: “Quando ci sarà più luce!”. Più tardi compresi che, dopo il 21 dicembre, il sole ritornava lentamente ad alzarsi nel cielo e incominciava sempre più intensamente ad illuminare la terra. Il Natale giunge nel periodo in cui il buio incomincia ad affievolirsi pigramente e avanza pacatamente la luce.
Oggi, il Natale con le sue luci sfolgoranti, con i suoi addobbi abbacinanti, con arabeschi sfavillanti incomincia molto prima: i pifferi, gli abeti, i Babbi Natali che ti entrano dalla finestra. È il Natale melenso e commerciale, festaiolo e consumistico, corrotto e corruttibile. È il Natale che i cristiani hanno banalizzato.
Anche i bimbi hanno cancellato lo stupore: non sgranano più gli occhi davanti ad un presepe: c’è ben altro da vedere; non odono più il suono delle pive: ormai anche per le strade risuonano le musiche rintronanti; non amano più il tepore di un abbraccio: sono troppo presi dalla frenesia per le nuove tecnologie. E a me, carico di anni, non resta che raccontare ai miei nipoti e a tutti i bambini come vivevo io il Natale quando avevo la loro età. E lo farò chiedendo soccorso a Luca, l’evangelista che racconta la nascita di Gesù.
Di certo sappiamo che Gesù nacque di notte, non nello sfolgorio della luce. Una luce incendia il buio della notte per qualche istante brevissimo e solo nel campo dei pastori: è l’angelo che appare per annunciare loro che il cielo si è unito alla terra, che Dio si fatto uomo. Poi la luce sui pastori si spegne presto: ad illuminare la notte sono delle modeste lanterne: quelle dei pastori che si mettono in cammino a far compagnia a quella di Giuseppe che illumina il volto del Bambino e fa luce a Maria che allatta.
Ma dove è nato Gesù? A Betlemme. Ma in che posto? Luca dice: “[Maria] lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio”. Era una stalla? Una capanna? Una grotta? Non lo sappiamo, ma capiamo che è una mangiatoia, piena di ruvida paglia o di fieno a cui si sfamano le bestie: un bambino, un embrione d’uomo che in nove mesi è cresciuto nel corpo di sua madre e che poi, entrato nel mondo, sarà chiamato Gesù, il Salvatore, viene deposto in una greppia. Un cucciolo d’uomo, come tanti che nascono sotto le bombe di Kiev o sui barconi colmi di fuggiaschi che solcano le onde del Mediterraneo. “Lo avvolse in fasce”: come quelle delle nostre mamme che ci avvolsero in fasce di lana grezza da loro filata durante le notti di paura della seconda guerra mondiale. Non aveva il Bimbo la camicina di seta orlata da fili d’argento tutta vezzosa che deponiamo ai piedi dell’altare, la notte di Natale. “Non c’era posto”: ecco il primo Natale. Stare dalla parte degli esclusi, degli emarginati. È nato “fuori” perché nella città non c’è posto per Maria e Giuseppe e, con l’amarezza in gola e la speranza in cuore, trovano un rifugio. Penso a Maria che stringe teneramente il bimbo, quasi per non fargli sentire il rifiuto, a Giuseppe che l’abbraccia a sé in un gesto di tenerezza.
Continua Luca: “[I pastori] andarono, senza indugio…e se ne ritornarono glorificando e lodando Dio”. Vorrei unirmi anch’io ai pastori che mi fanno strada al chiarore di una debole lanterna, ascoltare nel silenzio lo scalpìccio dei loro passi e il tenue scampanio delle pecore, portare al Bimbo un dono che non sia futile, ma dolce offerta d’amore. Vorrei inginocchiarmi a Dio che è entrato nel mondo nell’umiltà, nella semplicità e adorarLo nel buio e chiederGli con ostinata pazienza di rammendare lo strappo tra tutti coloro che non hanno accolto il Suo invito ad essere operatori di pace.
C’è tanto buio oggi nel mondo: la cecità di chi non vede i poveri; la paura suscitata dalle notizie, dall’ignoto, l’oscurità dell’emergenza educativa, l’offuscamento della ricchezza provocata a spese degli altri, l’ombra della corruzione, l’opacità nelle relazioni, il deserto delle città sotto le macerie, le tenebre dell’indifferenza. Abbiamo bisogno di luce. Se ciascuno di noi con la sua lanterna in mano andasse con fede dove Dio ritorna, provocherebbe una fiamma che illuminerebbe l’umanità. E sarebbe veramente Natale.
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