Quando nelle seconda metà di dicembre del 1994 visitai per ragioni professionali Rovaniemi, capitale della Lapponia finlandese situata sul Circolo Polare Artico, Babbo Natale aveva ufficialmente soltanto nove anni. Nonostante una fama già diffusa a quasi tutte le latitudini fu soltanto nel 1985 che le sue gesta si consolidarono come business planetario di massa, un fenomeno che ha conosciuto una crescita esponenziale vera e propria: oggi può infatti contare su più di 500 mila visitatori l’anno. Dal 2010 alla cittadina lappone è stato assegnato lo status di residenza ufficiale del paffuto signore in rosso unendo in un mix vincente il Natale dei consumi, la bellezza indiscutibile della regione in tutte le stagioni dell’anno, il fascino della capitale per sei mesi avvolta da uno spesso strato di neve, una invidiabile organizzazione turistica.
Fuori la città, a otto chilometri dal centro, a tre dall’aeroporto internazionale c’è il villaggio di Santa Claus, il parco tematico dove risiede Babbo Natale, una Disneyland dell’estremo nord costruita tra neve e ghiacci con edifici dai tetti aguzzi letteralmente abbracciati da luci colorate e intermittenti mentre colonne musicali a tema natalizio e melodie non danno tregua. È l’ufficio postale il centro nevralgico del Santa Claus Village dove sborsando un cifra non proprio esigua puoi incontrare il Babbo Natale di turno, infatti per coprire gli ampi orari di visita si arruolano manipoli di Babbi selezionati con rigore e tra loro quasi perfettamente intercambiabili. Tutti sono piuttosto in carne, tutti hanno una fluente barba bianca, tutti sono più o meno della stessa altezza e naturalmente tutti dispensano esortazioni edificanti e perle di prevedibile buonismo tipo quella riportata anche sul sito ufficiale del Village: “Sono ambasciatore di buona volontà, amore e pace e non auguro nient’altro che di essere felici alla gente di tutto il mondo”.
Lo smistamento della corrispondenza in arrivo e in partenza da quasi tutto il mondo (alcuni milioni di lettere) è la vera attività produttiva – oggi di sicuro in linea con le tecnologie digitali – che impegna a fondo gli uffici amministrativi dei Babbi Natale seriali. L’Istituzione riceve molta posta ma altrettanta ne invia a tariffe discretamente salate e differenziate ad amici e parenti dei visitatori. Per completare l’esperienza babbo – natalizia sono disponibili altre tre opportunità: la gita sulla slitta trainata da pazienti renne a fine carriera; l’escursione, sempre in slitta, trainata però da poderosi Alaskan malamute dallo sguardo gelido e poco rassicurante; infine una puntata nella foresta a bordo di una veloce motoslitta. Il tutto va organizzato tra le undici di mattina e le quindici del pomeriggio all’interno del ristretto spazio di luce disponibile alla latitudine di Rovaniemi ormai notissima per la casa natale dei suoi babbi, ma in realtà interessante anche per altre ragioni. È infatti assai poco noto il fatto che durante la guerra lappone (settembre 1944 – aprile 1945), le truppe tedesche in ritirata la distrussero al novante per cento con un pesante corollario di morti, feriti e senza tetto. La ricostruzione iniziò nel 1946 ed ebbe tra i protagonisti Alvar Aalto, uno dei grandi maestri dell’architettura mondiale del novecento, che firmò il piano regolatore del centro cittadino per poi progettare e realizzare il Municipio, il teatro e la Biblioteca ipogea, ovvero il tratto distintivo della capitale lappone. Furono il Piano Marshall e l’UNRRA, organizzazione umanitaria anticipatrice dell’UNICEF, a propiziare la rinascita. Ne fu animatrice Eleonor Roosvelt, moglie dello storico presidente che portò gli Usa fuori dalla grande depressione degli anni trenta. Nel maggio 1950 in occasione della visita della ex first lady venne costruita una capanna in legno al Circolo Polare Artico, primo mattone della rivoluzione turistica locale in chiave natalizia.
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