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Società

EREDITÀ TRADITA

SERGIO REDAELLI - 09/12/2022

Sir Evelyn de Rothschild

Sir Evelyn de Rothschild

C’è lotta in famiglia nel ramo britannico dei Rothschild per una questione di eredità. La mela della discordia, secondo le notizie di stampa, sono i 600 milioni di sterline, qualcosa come 700 milioni di euro, che Sir Evelyn de Rothschild, banchiere, filantropo ed ex consulente della regina, morto il 7 novembre a 91 anni, avrebbe lasciato alla terza moglie, l’americana Lynn Forester a danno dei figli Jessica, David ed Anthony. Al funerale tenutosi nella sinagoga di St John’s Wood a Londra, i tre figli hanno dovuto accomodarsi nelle panche laterali mentre la vedova, 68 anni, occupava la prima fila con Benjamin e John nati da un precedente matrimonio.

Senza entrare nel merito del testamento e senza sapere come evolverà la controversia, non si può fare a meno di notare come il passare del tempo abbia offuscato gli aurei precetti dell’antenato fondatore della dinastia, quel Meyer Amschel Rothschild che da straccivendolo del ghetto di Francoforte, la città tedesca in cui gli ebrei erano sottoposti a mortificanti condizioni di vita, divenne uno degli uomini più ricchi d’Europa; sino a finanziare, ai primi dell’800, lo sforzo bellico inglese nella guerra contro Napoleone e dando origine alla futura grandezza della casa anche grazie alla regola ferrea che riguardava successioni ed eredità.

Il cognome Rotschild è sinonimo nel mondo di ricchezza illimitata, di castelli, banche, collezioni d’arte (che Göring in parte requisì nel corso della II guerra mondiale), di cavalli da corsa e grandi vini: solo per citarne qualcuno i rossi di Bordeaux Rothschild-Lafite e Mouton-Rothschild, del ramo francese, sono tra i più costosi al mondo, abituali clienti delle aste Christie’s e Sotheby’s. Il mix che permise al giovane Amschel rimasto prematuramente orfano di padre di diventare un ricchissimo finanziere fu il bernoccolo degli affari insieme alla competenza numismatica che gli aprì le porte delle corti principesche disposte a spendere una fortuna per una moneta rara.

Un altro fattore determinante fu la capacità di sistemare nelle più strategiche e influenti corti europee i cinque figli che avrebbero condizionato gli equilibri politico-finanziari del continente. Ma, come si diceva all’inizio, l’elemento forse decisivo nei destini di famiglia fu la saggezza con cui il vecchio Amschel legò i rapporti interni e gli interessi dei figli. Li fece tutti compartecipi della ditta per stimolarli a un’intensa attività dividendo in quote uguali profitti, perdite e diritti ereditari. Soltanto lui poteva attingere a discrezione dal capitale dell’azienda, agli altri soci era lecito prelevare solo gli utili annui e quanto occorreva per le spese domestiche.

Per prevenire eventuali contenziosi stabilì misure preventive contro le “molestie processuali” definendo un’ammenda a carico di ciascun socio che volesse ricorrere ai tribunali: prima di comparire davanti ai giudici, il ricorrente avrebbe dovuto sborsare la somma che richiedeva ai fratelli. Lasciò la proprietà della ditta piena e intangibile ai cinque figli, al sicuro da interferenze del parentado. Raccomandò concordia, amicizia, collaborazione e pragmaticamente minacciò per testamento ciascuno di essi di ridurlo alla “legittima” – ben specificato nero su bianco – nel caso dimenticasse i propri doveri, tradisse gli impegni presi e pensasse a ribellarsi.

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