Un’aria nuova sta per aleggiare tra i regimi autoritari? Non direi. La libertà come idea di appartenere a sé stessi, che fonda la stabilità dello Stato, come fratellanza tra gli uomini che dicono no ad ogni forma di dispotismo, come possibilità che si acquisisce e si difende a prezzo della vita è inconfondibile. Ed è quella per la quale combatte il popolo ucraino. È quella che leggiamo sui libri di storia da Maratona alla Resistenza. In Iran la ricerca della libertà si manifesta contro un unico, sacrosanto diritto; in Cina è la stessa cosa, mentre la vera libertà è tensione a neutralizzare non un singolo diritto negato, ma tutte le costrizioni che impediscono ad ognuno di essere migliore, ad acquisire per tutti una condizione più degna per essere vissuta. È un riconoscimento sociale e costituzionale. In poche parole, è una libertà che nasce dalla ricerca per combattere l’ingiustizia sociale, la diseguaglianza.
Anche in democrazia, dove vige la libertà, c’è spesso una maggioranza composta da meno abbienti, meno capaci, meno competitivi destinata a soccombere, a soffrire, a sentirsi lasciata ai margini, dimenticata. Solo una minoranza vive libera da vincoli. È sempre stato così e, purtroppo, sarà sempre così. C’è un solo modo per consentire al ceto povero di essere libero dalla morsa dell’ingiustizia: la minoranza di privilegiati dovrebbe ridistribuire le proprie ricchezze a chi ha meno, anche se non imposto per legge, attraverso impegni concreti di solidarietà. Lo Stato deve rimuovere con giuste leggi le ingiustizie tra privilegiati e scartati.
Mi scuseranno i lettori per questo mio preambolo che serve ad introdurre alcune considerazioni sulla legge di bilancio decretata dal governo ed ora all’esame del parlamento. Chi ha un minimo di pensiero critico capisce subito che tale legge favorisce i privilegiati ai quali è concesso, con le norme adottate, di eludere o evadere le tasse. L’attuale governo, quando deve gestire l’economia e la finanza, sembra non aver bisogno di aprire un dibattito per mettere a confronto proposte, idee, competenze, ma basta un pochino di buon senso per comprendere che abolire il pagamento tramite POS per acquisti e servizi al di sotto dei 60 euro significa favorire da parte del commerciante una dubbia dichiarazione dei redditi, che permettere di avere in tasca contanti fino a 5000 euro manifesta l’intenzione del governo di non perseguire il lavoro nero, il ricavo di truffe, di ritorsioni, di vendite illecite, che rottamare le cartelle esattoriali inferiori a 1000 euro consente al cittadino onesto di sentirsi berteggiato/canzonato da uno stato incapace di riscuotere quanto dovuto, che applicare la “tassa piatta” del 15% ai redditi da partita Iva fino a 85.000 euro è un latrocinio che aumenta la collera verso le istituzioni e, di conseguenza, verso la democrazia.
È tipico dei governi di destra mostrare la durezza muscolare dei fatti contro la debolezza della mediazione dei “chiacchiericci” parlamentari. Un governo fragile vuole dimostrare di essere forte e autorevole contrapponendosi alle lungaggini inconcludenti del parlamento, ai controlli degli organi deputati accampando la scusa della ristrettezza del tempo necessario per l’approvazione del bilancio. Non lo sapeva chi ha provocato la crisi del governo Draghi? Non lo sapeva chi ha accettato la guida del governo del paese?
La legge di bilancio non segue e illumina la complessità della vita reale: c’è un’assenza di pensiero che non risponde alle domande dei più svantaggiati, ma solo la risposta a singole domande di singoli ceti ai quali chiede il consenso come un innamorato ambisce all’attenzione della propria amata. Sarà bene che il governo abbandoni la politica che rende il povero più povero ed il ricco sempre più ricco. Il pericolo per la nostra democrazia non è il fascismo, ma la collera della povera gente.
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