“Gli appunti di Giorgia”, si chiama il diario annunciato dalla Meloni. Se n’avvertiva il bisogno? Macché. Chi governa sta zitto e fa, se ci riesce. Se non ci riesce, a parlare sono gli altri. Seguendo una regola diversa, il rischio è d’essere investiti dalle critiche, e lamentarsene appare curioso. Infondato. Sorprendente.
Qualcuno potrebbe istituire (a social, social e mezzo) una rubrica intitolata “Gli appunti a Giorgia”. Anche senza l’ufficialità d’una scadenza periodica. Ha già cominciato, per esempio, Bankitalia, demolendo le prime mosse economico-sociali di Palazzo Chigi. Pollice verso (con l’adesione d’industriali e sindacati) al rialzo del tetto-contanti, alla possibilità di rifiuto dei pagamenti via Pos sotto i 60 euro, allo sgretolamento del reddito di cittadinanza, alla flat tax elevata a 85mila euro. Misure di consequenzialità elettorale, ma d’alcun vantaggio complessivo. Aiutano l’evasione, puniscono gli osservanti delle regole anziché i contravventori, van contro i fondamentali necessari a ottenere soldi pro Pnrr. Soprattutto contrastano la modernità, il necessario adeguarsi al ritmo dei tempi, le condizioni indispensabili a tirar fuori l’Italia dalle sacche di arretratezza, disagio, approfittamenti. Eravamo un Paese ingiusto, lo restiamo. Eravamo un Paese ricco pieno di poveri, lo restiamo. Eravamo un Paese incapace di scelte “tranchant”, lo restiamo.
Non s’intravede alcuna rivoluzione. Mancano tracce di coraggio. Ammiccamenti furbi qui e là, visione nebbiosa verso un orizzonte che dovrebbe brillare all’occhio dei rinnovatori. Ma non ne hanno o la capacità o la determinazione. Facciamo un caso: la destra interessata ad abolire le sperequazioni dovrebbe combattere una battaglia tremendista contro l’evasione fiscale, e mettere una tassa sui grandi patrimoni, e aiutare chi vuol tirarsi indietro le maniche, e abolire i privilegi, e soccorrere i bisognosi, spulciandone gl’infiltrati. Invece, nulla di tutto questo.
Perciò Giorgia farebbe meglio a lasciar perdere la divulgazione dei suoi appunti. E invece dar retta agli appunti che le vengono mossi, non per il fine di rompere le palle, secondo slang salviniano. E invece per ricordarle che una gran massa di connazionali l’ha votata nella speranza d’una diversità rispetto ai predecessori. Certo, missione difficile nell’Italia della conservazione d’antichi difetti. Però non impossibile, a patto di voler infrangere schemi arrugginiti, consunti, deleteri. Giorgia dispone della carta di credito che le han regalato gli elettori: la usi, invece d’altre forme di spicciola ricompensa politica. Che contano poco o zero. Anzi, proprio zero. E fan solo opaca immagine, come un sorpassato e affatto divertente blob notes. Da aprire c’è un nuovo quaderno italiano: o no?
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