Diciamo la verità. È come se nel cuore di una casa mancasse il camino. Come se attorno al fuoco sempre acceso, assieme alle monachelle, si fossero dileguate per sempre le presenze amiche, lasciando solo ombre e ricordi. Ricordi belli, certo. Ma tanto più da rimpiangere, e sempre più evocabili come presenza reale e necessaria.
Parliamo dello Zamberletti, antico caffè che ha chiuso i battenti ormai da tempo. Affacciato ai portici di Corso Matteotti, l’antico Corso Vittorio Emanuele, oggi il grande cancello oppone un muto rifiuto al cuore e agli occhi. Occhi rivolti anche e soprattutto a quell’angolo di mondo, raccolto un tempo dietro le eleganti vetrate, a volte vivace a volte silente, a seconda delle stagioni e delle ore di luce, degli umori e dei momenti. Dove quasi tutti ci siamo incontrati.
Un po’ sussiegoso sarà sembrato a qualcuno, sotto l’eleganza dei lavori di Cesare Andreoni – un Futurista a suo tempo promettente – che adornano le pareti.
E speriamo nessuno si azzardi mai a rimuoverli. Come era anche nei desiderata dell’ultima proprietaria del Caffè, la signora Angela. Esile e minuta, ma tenace, ha lavorato un’intera vita per tenerlo aperto. Prima di decidersi ad abbassare definitivamente la saracinesca, perché il tempo richiedeva ormai il giusto riposo.
Ma non sarebbe cosa bella lasciare andare questo spazio all’ultimo negozio di abbigliamento, a una banca o a un’assicurazione, con tutto il rispetto per queste attività, per quanto importanti siano. Perché è il nostro Caffè Greco, un angolo di riflessione, più che di chiacchiere. Un angolo di ricordi importanti, anche di illustri. Uomini di cultura e di azione, intellettuali sognatori e professionisti pragmatici, si sono spesso incontrati qui.
Siamo ormai a dicembre, giusto il mese in cui il padre di Angela lo aveva inaugurato.
Era il ’54, e il giorno era quello di Santa Lucia.
Ci si sedettero poi tra i tanti anche Chiara e Guido Morselli, che si divideva tra qui e un altro importante bar gaviratese. Portava l’allegria anche Ugo Tognazzi, un grande attore, ma anche un habitué del corso negli anni belli. Faceva la sua comparsa con la moglie Franca Bettoja, prima di sostare dal Valenzasca, altra gioielleria gastronomica del corso, che lo faceva sentire nel giusto milieu, tra un vassoio di San Daniele e una teglia di carpione.
E vennero a cercare conforto molte compagnie teatrali, vogliamo ricordare Giuliana Lojodice e Aroldo Tieri, Ernesto Calindri e Giulio Bosetti, Umberto Orsini e Alberto Lionello, Massimo Ranieri e Salvo Randone, e il duo Rina Morelli e Paolo Stoppa. In tempi più ravvicinati anche Glauco Mauri -e quanti altri?- hanno bevuto il caffè o l’aperitivo, o gustato la Sacher che era approdata a Varese grazie alla famiglia della signora Angela, e a un viaggio a Vienna compiuto appositamente dai proprietari per carpirne i segreti. Forse non sapevano neppure che l’Angela, col consorte, era stata per anni una frequentatrice abituale della stagione teatrale, all’Impero.
La cultura è stata sempre nelle corde di questa signora pratica e spiccia, di poche parole e di grande volontà, pronta ad aprire la sua “casa”- anche al piano superiore, da dove si vedevano passeggiare i varesini in uscita pomeridiana- ai tanti amanti della cultura.
I Salotti del Gran Pignolo – quel Mauro della Porta Raffo dalla memoria prodigiosa e dall’ugola d’oro che ben conosciamo – si sono sempre svolti qui, con una sfilata di grandi personaggi, da Milva alla Zanicchi, da Mentana a Svampa, Travaglio e tantissimi altri. Come gli incontri con la lirica di Bruno Belli, o certi importanti tête à tête con protagonisti della Storia che ci è passata sotto gli occhi.
Riusciremo mai a riavere il nostro camino acceso? A vedere magari appese alle pareti del piano superiore, storia e foto di un mondo che non vogliamo credere perduto?
Quel piccolo mondo antico, ma non troppo, perché è ancora nei nostri cuori, dove Chiara scriveva a mano le sue storie, riga dopo riga, prima di passarle alla fedele Gigliola per la battitura a macchina.
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