Il nostro sistema sanitario sta attraversando una fase delicata, caratterizzata da nuove possibilità ma anche da problemi di non facile soluzione.
L’esperienza della pandemia ha evidenziato la necessità di rafforzare la medicina territoriale ed infatti il PNRR, il decreto ministeriale 77 e la riforma regionale lombarda, la legge n. 22 del dicembre 2021, prevedono nuovi servizi territoriali che sono attualmente in fase di implementazione: le Centrali Operative Territoriali, le Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità, nell’ambito di una articolazione del territorio in Distretti Sanitari, che per quanto riguarda la Lombardia sono stati reintrodotti proprio dalla legge 22.
Ma questo promettente processo di implementazione di nuovi servizi, che potrebbero senz’altro rafforzare e dare un volto nuovo alla sanità territoriale, deve fare i conti con un grave problema: la carenza di medici e di infermieri così come di altre figure professionali, carenza che nel nostro territorio di frontiera è acuita dalla concorrenza della Svizzera. Per quanto riguarda i medici il saldo negativo tra i professionisti che lasciano e quelli che entrano nel sistema sta mettendo in crisi in particolare il sistema delle cure primarie.
Altri due problemi sul tappeto sono rappresentati dalle lunge liste di attesa per esami ed interventi e dall’intasamento dei Servizi di Emergenza e Urgenza dei nostri ospedali, che si riflette in particolare in permanenze prolungate in Pronto Soccorso per i pazienti che devono essere ricoverati.
Come affrontare questi problemi? Quali soluzioni trovare?
Prima di entrare nel dettaglio di possibili soluzioni, che lo scrivente ritiene utili, seppure parziali, una considerazione di metodo. Il sistema socio-sanitario è un sistema molto articolato e complesso, al quale danno il proprio contributo molteplici attori e che necessita della integrazione di servizi pubblici e privati profit e no-profit e della collaborazione del volontariato. L’integrazione si basa sulla conoscenza reciproca e sulla disponibilità alla collaborazione: i diversi servizi devono essere messi in rete ed i professionisti che vi operano devono dialogare; inoltre è fondamentale l’informazione per i cittadini, affinché possano fruire dei servizi in modo sempre più consapevole. Si tratta di un impegno al quale il nostro comitato cittadino “Varese in Salute” sta cercando di contribuire.
Per arrivare ad alcune proposte concrete, per quanto riguarda il problema della carenza di professionisti, in particolare medici e infermieri.
1) Puntare sul reclutamento di operatori sanitari dall’estero, in particolare da paesi extra-UE: dal marzo 2020 è in vigore il riconoscimento semplificato del titolo di studio, che viene rilasciato dalle Regioni e non dal Ministero della Salute. È stato istituito in considerazione della emergenza covid con il DL 18/2020 (art. 13) e poi convertito dalla legge 27/2020; in seguito la possibilità di richiedere tale riconoscimento è stata prorogata fino al 31/12/2023. Tale norma si sta rivelando molto utile e non sono pochi gli operatori sanitari sia infermieri che medici che sono stati reclutati in tal modo e che stanno già prestando servizio nelle strutture sanitarie del nostro territorio o che sono in procinto di arrivare. Sarebbe però importante che tale modalità di riconoscimento del titolo di studio venga resa strutturale, lasciando alle regioni anche dopo il 31/12/23, in una logica federale, tale competenza.
2) Permettere ai medici ospedalieri di passare, se lo desiderano, dall’ospedale alla medicina generale. Attualmente è in vigore una legge (DL n.368/1999) che rende obbligatorio per coloro che sono laureati dopo il 1994 il possesso del Diploma di Medicina Generale, ottenuto seguendo un corso triennale regionale, per poter svolgere l’attività di Medici di Medicina Generale. La proposta è quella di considerare equipollente un congruo periodo di esperienza ospedaliera in alcune discipline come ad esempio Medicina Interna, Geriatria, Medicina d’Urgenza al possesso del diploma regionale. Anche in considerazione delle conseguenze positive che potrebbe avere un maggior interscambio tra ospedale e territorio.
3) Sgravare il carico burocratico al quale sono sottoposti i Medici di Medicina Generale attraverso la collaborazione di personale non medico adeguatamente formato. Si potrebbe configurare anche una nuova figura professionale ad hoc, che già esiste in altre nazioni, come ad esempio la Germania.
Veniamo agli altri due problemi evidenziati sopra: per ridurre le liste di attesa, non si può pensare di “spremere ulteriormente il limone”, imponendo ai medici degli ospedali pubblici crescenti carichi di lavoro; esistono invece margini di incremento dei budget attribuiti ai centri privati accreditati, che devono essere però definiti all’inizio dell’anno e non alla fine; inoltre potrebbero essere convenzionate alcune prestazioni diagnostiche che attualmente vengono già fornite dalle farmacie su base privatistica.
Per cercare infine di risolvere l’annoso problema dell’attesa a volte prolungata del posto letto in PS, che riguarda per lo più pazienti anziani e fragili e che oltre al disagio che comporta determina conseguenze negative dal punto di vista clinico (pensiamo ad esempio al delirium), che impattano sull’esito finale, occorre potenziare la rete dei reparti “a bassa intensità” (ospedali di comunità, cure intermedie, cure subacute) in una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato.
Si tratta di una fase impegnativa ed interessante per il nostro sistema sanitario, che ha bisogno della collaborazione di tutti, anche di coloro, che come chi scrive, percepiscono già la pensione.
PS: in data 30/11/22 è stata emanata dalla Giunta Regionale della Lombardia la deliberazione n. XI/7475 che contiene provvedimenti per il contenimento dei tempi di attesa per alcune prestazioni specialistiche ambulatoriali; uno dei provvedimenti riguarda l’aumento del 10% della disponibilità di slot per l’erogazione di alcune prestazioni ambulatoriali rispetto al 2019 (prime visite oculistiche, dermatologiche, cardiologiche, ortopediche, neurologiche, endocrinologiche/diabetologiche e per alcuni esami ecografici).
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