Dopo Ischia, una frana di critiche. Santosacre, naturalmente. Chiunque s’indigna dopo disastri naturali che costano la vita a tante persone. Ma è ipocrita crocifiggere i politici, che dicono e non fanno. Che fanno e sbagliano. Che sbagliano e ben si guardano dal rimediare. Bisogna prendersela con sé stessi. Tutti siamo responsabili, quando ci tocca votare: è l’occasione di scegliere nomi affidabili. Ma spesso si sceglie male. O meglio: s’immagina di scegliere obliquamente bene, sicuri che il rappresentante, qualora eletto, tutelerà il rappresentato.
Perché obliquamente? Perché se questa tutela istituzionale consiste nel chiudere gli occhi sulla trasgressione, allora siamo nel campo dell’incoscienza, del cinismo, dello sprezzo egoistico. L’abusivismo di base, su cui si fondano gli altri, è guardare al proprio tornaconto fregandosene di qualunque norma, e promuovere i politici disponibili ad assecondare l’idea di scambio. Che poi diventa progetto ricorrente: da una legislatura all’altra, da un leader all’altro, da un governo all’altro. La sintesi dell’avvilente commedia è: fai quello che vuoi, e col tempo si provvederà a sanare la tua protervia.
Nasce da qui l’intesa che ogni tanto e sciaguratamente dà luogo a catastrofi. Attribuirne l’esclusiva colpa a provvedimenti permissivi provenienti dall’alto, è una scusante di basso profilo. Siamo un Paese dove la complicità tra governati e governanti (società civile ed élite politica) nel chiedere/consentire la violazione dei princìpi di legge rappresenta un tratto caratteristico e profondo. Un marchio, uno stigma, un brand sempre di moda.
Perciò è tartufesca la condanna univoca di fronte al disgraziato evento. Bisogna spartirsela senza lamentarsi. Allo stesso modo, non vale prendersela con lo Stato che manca d’interventi in un sacco di settori, quando si è i primi a negargli sostegno finanziario frodandolo nella dichiarazione dei redditi, non pagando contravvenzioni e multe, facendo circolare denaro “nero” anziché tracciabile, eccetera. Lo Stato sperpera di suo, e lo sappiamo. Ma di nostro sperperiamo una serietà che, praticata senza amnesie/amnistie, s’imporrebbe ai diversi livelli della governance repubblicana con ricaduta positiva per tutti. Anche per quanti a loro insaputa diventano dei condonati a morte.
You must be logged in to post a comment Login