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Attualità

RIORIENTARSI

LIVIO GHIRINGHELLI - 25/11/2022

???????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????La politica economica del secondo dopoguerra mondiale si basava su un massiccio ruolo della spesa pubblica, ma l’efficacia di questo approccio svanisce in seguito alla crisi scatenata dall’aumento del prezzo degli idrocarburi nel 1973.

La politica economica deve attenersi a regole chiare e prevedibili, sì da non interferire con il corretto funzionamento dei mercati. Il Patto di stabilità e crescita vincola i Paesi europei all’obiettivo del pareggio di bilancio nel lungo periodo. La politica fiscale assume una funzione secondaria nella gestione del ciclo e maggiore importanza è conferita alla politica monetaria. L’adozione del Piano è del 1997. Solo che la crisi finanziaria globale del 2008 ne ha dimostrato la fallacia.

I Governi riscoprono allora, in un quadro di riferimento potenziale, ma in tempi di crisi finanziaria, la politica di bilancio e avviano massicci progetti di spesa pubblica. Il PIL vede sostenuta la crescita da manovre espansive. Allo Stato spetta di nuovo il ruolo di protagonista nell’affrontare la crisi determinando cambiamenti nel medio e nel lungo periodo, realizzati non solo con riforme, ma anche con spesa corrente e soprattutto con investimenti pubblici, che in quasi tutti i Paesi erano in calo fino dagli anni ’80. Il moltiplicatore dell’investimento pubblico risulta maggiore quando il reddito pro capite è basso. Il PNRR in particolare sul piano settoriale e territoriale destina il 40% agli investimenti nel Mezzogiorno e 70 miliardi per la transizione verde e la sostenibilità. Solo che il capitale fisico appare inadeguato a rappresentare quanto sappiamo essere necessario a sostenere la crescita di un sistema economico. Purtroppo fra il 2008 e il 2016 nell’UE gli investimenti pubblici sono diminuiti dal 3,4%al 2,7 del PIL. In Italia tra il 2009 e il 2018 sono passati dal 3,7% al 2,1.

La riduzione di circa 200 miliardi, rispetto al volume registrabile se si fosse mantenuto il trend di crescita del decennio precedente, riguarda una somma vicina all’ammontare dell’intero PNRR (circa 220 miliardi di euro). L’impatto più forte negativo riguarda gli enti territoriali. Già prima della pandemia la Commissione Europea aveva più volte sottolineato la necessità di riorientare la spesa pubblica verso gli investimenti, smentita dalle realtà decisionali, dall’incapacità delle amministrazioni di gestire i progetti con correttezza, secondo criteri e procedure di selezione, il monitoraggio dell’attuazione, nel colmare il gap di investimento infrastrutturale.

Finalmente con la pandemia da COVID-19 si determina in sede europea un elemento fortemente innovativo in termini di integrazione, di forme di condivisione e solidarietà tra gli Stati: i finanziamenti pubblici nel Programma Next Generation EU sono finanziati con debito comune, ma con il limite che la spesa e le relative decisioni allocative rimangono competenza dei singoli Stati, per cui si porrà con forza la questione della revisione del Patto di stabilità e crescita, non essendo l’UE ancora una federazione.

Tra gli investimenti genuinamente europei rientrerebbero una rete europea ad alta velocità con quattro tracciati che ridurrebbero i tempi di velocità all’interno, la realizzazione di una rete elettrica intelligente e integrata per la trasmissione di energia rinnovabile al 100 %, la creazione di un’Agenzia permanente della UE in ambito sanitario, per rimettere al centro dell’attenzione la sanità come bene pubblico europeo.

Viviamo in un tempo nuovo che richiede la messa a punto di strategie di rilancio economico e sociale, che non dovrebbero esaurirsi con il Programma NGEU. Il quadro geopolitico mondiale è profondamente mutato rispetto alla fine del secolo scorso. Il problema delle fonti energetiche, la sfida della sostenibilità ambientale e della transizione ecologica, la necessità di maggiori investimenti nelle infrastrutture sociali e sanitarie sono temi che impongono urgenza di soluzione e gli investimenti pubblici sono un volano di crescita.

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