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Attualità

OSSESSIONE

EDOARDO ZIN - 25/11/2022

solidarietaL’ Europa non si potrà costruire altro che mediante concrete realizzazioni che creino innanzitutto una solidarietà di fatto”: è solo uno stralcio di tre lunghe citazioni della dichiarazione di Robert Schuman del 9 maggio 1950, rimando che il prof. Vincenzo Salvatore ha riferito durante la lectio magistralis pronunciata all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università dell’Insubria, alla presenza del Capo dello Stato.

L’amico che mi sedeva accanto mi guardò e sorrise. Il mio cuore s’inebriò di gioia: fu una delle rare occasioni pubbliche in cui sentii citare qui in Italia Robert Schuman: dapprima egli intuì e successivamente costruì politicamente la prima Comunità Europea. Sulle macerie della seconda guerra mondiale, con l’audacia di trasformare il ferro e il carbone da strumenti di guerra in utensili per la pace, presagì che con la solidarietà e non con le chiusure e i nazionalismi si sarebbe assicurato prosperità all’Europa. Schuman voleva un’Europa in cui i governi e i popoli potessero comprendersi, rispettarsi e collaborare tutti assieme per portare a termine un’unità fondata non solo sull’economia, ma sui valori culturali e spirituali, che sono “l’anima, gli ideali, la volontà politica…per coniugare il principio della solidarietà con quello della sostenibilità”.

Anche la nostra Costituzione all’art. 2 riconosce e garantisce i diritti inviolabili (…) e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Così avviene in quasi tutti i Paesi, da est a ovest, dalla Polonia al Portogallo, da nord a sud, dalla Svezia alla Grecia.

I Trattati che, di fatto, sono la Costituzione dell’Unione Europea non permettono sfortunatamente ai Paesi membri di stabilire che un cittadino terzo, cioè “extra-comunitario”, costretto a rifugiarsi in Europa, debba essere accolto da un determinato Paese. I Paesi membri, infatti, non hanno mai ceduto all’Unione la competenza sul ricollocamento dei migranti, anche se il Trattato di funzionamento dell’UE all’art. 80 ribadisce il principio di solidarietà.

Dopo l’ondata d’immigrazione dall’Albania nelle coste pugliesi (1997), l’Italia determinò con gli altri Paesi membri una “convenzione” (che non ha valore vincolante) per arginare il fenomeno d’immigrazione. Fu nel 2003 (governo Berlusconi II) che a Dublino fu firmato un regolamento (con valore coercitivo) che stabilì con l’art. 2 che i principi di responsabilità ad esaminare la domanda d’asilo sono di competenza del paese di primo approdo. Continuando il forte aumento dell’immigrazione nel 2013 (governo Renzi) si convenne a riformare in minima parte il Trattato di Dublino 2, ribadendo comunque che la responsabilità per esaminare la domanda d’asilo spetta al Paese di primo approdo. Tali Trattati possono essere riformati, ma la loro variazione deve ottenere l’unanimità del Consiglio Europeo, di cui fanno parte anche Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia che non sono disponibili all’accoglienza di migranti.

Fin qui il diritto. Sembra però che i nostri politici non amino la semplicità, la chiarezza e la limpidità nel pensare e nell’agire. Le leggi ci sono: vanno applicate con serietà e pacatezza contro l’ideologismo esasperato, senza aggrapparsi al possesso delle idee, contro ogni tentazione populistica. Notiamo che si compiono passi ostili contro la solidarietà chiudendo i centri d’accoglienza, criminalizzando le ONG per i salvataggi in mare, perseguitando indiscriminatamente i clandestini che hanno la sola colpa di avere il colore della pelle diversa dalla nostra.

Sembra che la politica dell’attuale governo sia malata di forte identità: ordine, sicurezza, libertà intesa non come diritto inviolabile, ma come pericolo che minaccia la “mia” posizione sociale nella società, come limitazione al “mio” potere individuale, la “mia” stessa professione, a difendere la “mia” nazione dall’invasione degli stranieri. Sarà questa ossessione identitaria, la disuguaglianza che ci porterà ad una libertà sganciata dalla responsabilità verso gli altri? Per risolvere il problema dell’immigrazione bisogna avere il coraggio di guardarla in faccia, nella sua gravità e senza ricorrere a rimedi illusori. E con solidarietà, che vuol dire “tutti assieme”.

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