A meno di un mese dalla formazione del governo di centrodestra i venti di guerra governativi anziché orientarsi sul fronte ucraino, e parlare della ritirata russa da Kherson, si spostano sul confine italo-francese dove il governo di Macron ha schierato ulteriori 500 uomini purché i migranti destinati al suolo gallico dalla UE non superino il confine. Senza contare le migliaia di richiedenti asilo che sono stati respinti o rimpatriati.
Mi viene da ridere pensare che si possa decidere la sorte di migliaia di uomini, donne, vecchi e bambini mettendo altri uomini armati, un reticolato o “un no pass”. I muri sono costruiti quasi sempre per essere abbattuti specialmente quando sono la conseguenza della disuguaglianza e della fame, della sete, della miseria, e ancor peggio della guerra. La fortuna della mia famiglia, come altre migliaia, è stata quella di migrare in Lombardia e lavorare, allora perché negare una chance anche a loro? Migrare è un diritto di tutti gli uomini, lo ha scritto anche Giovanni XXIII, il Papa buono, in “Pacem in Terris”.
L’accoglienza non passa dai respingimenti, piuttosto dall’educazione, dall’istruzione, dalla scolarizzazione, dal lavoro. A tutto questo fa da contraltare la straordinaria storia di Giuseppe Ambrosoli, medico e prete con il suo Ospedale a Kalongo in Uganda: la sua fede, e la sua beatificazione di questi giorni ci confermano ancora una volta che la strada verso “l’altro”, special modo se ultimo e indifeso, è una opportunità che tutti noi abbiamo verso un cammino che può condurci a una “felicità responsabile”.
L’uomo infatti, tutti noi, ma ancor di più i medici, i volontari, i sanitari, possono schiudere, grazie al benefico slancio dell’altruismo, la porta verso il mistero stesso della vita. Chi fugge dalla disperazione ci insegna che è pronto a superare qualsiasi barriera, nessuna legge può fermare i bisogni che l’Africa e i poveri rivendicano. Il nostro presidente Anelli, che ha difeso l’operato dei medici sulla Ocean Viking, ha detto chiaramente che la medicina è diversa dalle scelte politiche sui migranti. Chi ancora non capisce che la fame che si consuma con posate d’argento, con cucchiaio, coltello e forchetta, è ben diversa da quella che si divora con mani unghie e denti, allora deve fare ancora tanta strada.
Ambrosoli e Vittorione, noto come il ”Panzer di Dio”, che rinunciò a servire i primi per andare a sfamare gli ultimi”, lo hanno capito tanti anni fa e mentre gli altri creavano colonie e preparavano con le guerre i nuovi dittatori e le nuove schiavitù economiche, loro, con migliaia di volontari, iniziavano un cammino di condivisione e di missione verso gli ultimi e indifesi, credendo fortemente nella “formazione” come punto di arrivo per l’Africa.
In Africa non dobbiamo solo portare cose o distribuire doni, bisogna insegnare a coltivare un campo, così come non basta costruire scuole, ospedali, studi dentistici, ma bisogna formare, maestri, medici, dentisti, infermieri e imparare a parlare altre lingue che non siano solo i dialetti della propria tribù.
Proprio questo facciamo da anni con APA (Amici per l’Africa) e in questi giorni sarò da Papa Francesco per l’Annual Meeting di Cuamm, medici “con” l’Africa e con tutti quelli che vedono nella formazione la centralità di una mission verso l’auto sostentamento. E certo non può che farci riflettere sul significato dei frutti e dei doni che la vita ci ha riservato. E non la schiavitù, o le deportazioni, le colonizzazioni scellerate, le carestie, la fame, le guerre, la siccità, i cambiamenti del clima.
E questo hanno fatto e stanno facendo migliaia di volontari, missionari, laici, che come Giuseppe Ambrosoli che aveva lasciato un sicuro avvenire nell’azienda familiare del miele e delle caramelle a Ronago in provincia di Como, per dedicarsi al prossimo come chirurgo e come uomo di fede. Oggi il “suo” ospedale di Kalongo cura ogni anno 50mila persone di cui il 70% donne e bambini, grazie anche alla scuola di ostetricia “ST. Mary” fondata da Ambrosoli nel 1959. E ci lavorano centinaia di africani tra medici e personale sanitario. A distanza di tempo la sua beatificazione dimostra che un’altra via è possibile.
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