“Rileggendo Marcia su Roma e dintorni dopo tanti anni e con una maggiore esperienza politica, io mi accorgo che il libro è ben manchevole… Vero è che intendevo rivolgermi prevalentemente al pubblico francese e angloamericano… ma alcuni giudizi ora mi sembrano troppo semplicistici e certamente da rivedere”.
Così scriveva Emilio Lussu il 31 ottobre del 1944 alla prefazione italiana, dopo quella del 1933, del suo libro. Pagine che l’intellettuale e politico sardo considerava non un’opera storica ma “solo un documento soggettivo su un periodo della civiltà italiana”. Non possiamo dargli torto ma dobbiamo riconoscergli il senso della responsabilità etica di ricostruire una vicenda personale con chiarezza documentale e con un linguaggio essenziale e incisivo.
Un libro da rileggere in questo periodo in cui si affollano molteplici riflessioni su quell’ottobre di cento anni fa, con le conseguenze che ben si videro (per chi voleva vedere) già a novembre. Ogni anniversario è occasione di studi e di interpretazioni e innegabilmente in questo 2022 nuove occasioni si aggiungono.
La marcia su Roma è al centro di dibattiti culturali e politici. Alla biennale di Venezia di settembre è stato proiettato il film amaramente sarcastico di Risi del 1962, interpretato da Ugo Tognazzi, nato nel 1922, e Vittorio Gasmann, in cui i due protagonisti fanno in camicia nera una loro marcia molto anomala.
A Milano fino al 13 novembre il teatro della Cooperativa mette in scena Ottobre 22 in cui il non decisionista Luigi Facta dialoga con un altro personaggio sulla incapacità di gestire (o di capire) i fatti.
Senza dimenticare il recentissimo documentario di Mark Cousins, Marcia su Roma, rilettura con lo sguardo del cinema del periodo fascista. L’elenco potrebbe continuare. Perché in tanto fermento rileggere Lussu?
Le risposte, quasi con sorpresa, le troviamo in commenti di qualche anno fa. Un esempio si trova su DoppioZero del febbraio 2019. Marco Belpoliti afferma che il libro scritto dal quarantunenne Lussu, sardo laconico, sembra scritto oggi per la modernità linguistico e narrativa e per la capacità di “lanciarsi” anche in una feroce critica alla sinistra dell’epoca che all’arroganza del fascismo e di Mussolini non seppe far fronte.
Ammettiamo pure che la Storia non insegna, ma questo non ci permette di non conoscerla. Ben sappiamo che dimenticare è facile. Il che porta a disconoscere o a ricordare in modo poco efficace, con conseguenze abbastanza chiare.
Il libro di Lussu è interessante proprio dal titolo, quel sommesso “dintorni”. Parola a cui si possono certamente dare vari significati ma che fa capire che ogni fatto ha “dintorni” culturali. Belpoliti fa bene a recuperare dalle pagine di “Marcia su Roma e dintorni” una riflessione. “L’Italia non era fascista, era individualista e opportunista, usciva da una guerra e cercava ordine ma non violenza e repressione”.
Vale davvero la pena rileggere il saggio autobiografico di Emilio Lussu cercando di rispondere ad alcune domande che punteggiano le pagine. Nel capitolo Sesto ricordando che il conte Sforza, ambasciatore d’Italia a Parigi, a causa delle sue dimissioni, fu additato da Mussolini al disprezzo della Nazione. E Lussu scrive: La nazione? Che cos’è la nazione?
Poche pagine più avanti ricorda – non a caso – che “Fervevano intanto i preparativi per la festa del 4 novembre. Il nuovo governo voleva dimostrare, in tutta Italia, di avere con sé i mutilati di guerra e gli ex combattenti. Era la prima solennità necessaria a dimostrare forza e consensi. Dal 4 novembre del 1918 era Giornata di Unità Nazionale ma nel novembre del 1922 cambiò nome, Festa della Vittoria. E il 9 novembre del 1926 Lussu fu dichiarato decaduto da deputato. Questi erano i “dintorni”…
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