Il nuovo governo presieduto da Giorgia Meloni ha ricevuto la fiducia del Parlamento ed è nel pieno delle sue funzioni. Democrazia esige che questa maggioranza governi l’Italia. Rispetto il voto democratico, ma non quello politico. L’opposizione dovrà vigilare con onestà e rigore perché venga rispettata la Costituzione. I cittadini giudicheranno non per le idee inespresse dalla maggioranza durante la campagna elettorale, ma per le promesse scaraventate in faccia agli elettori, le quali attendono di scendere dall’empireo delle parole nel quotidiano per diventare fatti concreti.
Per giudicare l’operato del nuovo governo dovrò riflettere e abbandonare i miei pregiudizi, che – parafrasando il giudizio che Manzoni dà di donna Prassede – sono molti e non sono quelli a me meno cari. Vorrei che i miei pregiudizi intoccabili venissero scalfiti dalle scelte del nuovo governo.
In attesa di conoscere questi atti concreti, dovrò accontentarmi di valutare i primi provvedimenti che sono insignificanti rispetto “ai grandi progetti che cambieranno il volto dell’Italia” (Salvini), ma che esprimono la carente visione della politica dell’attuale governo. Mi hanno insegnato che la parola esprime sempre un concetto per comprendere un fatto e non creare un’inferenza alla confusione.
Il primo atto del governo Meloni è stato quello di cambiare il nome ad alcuni ministeri. Atto legittimo perché previsto dall’articolo 95 della Costituzione e molto indicativo perché la nuova denominazione attesta un indubbio significato politico.
Così al ministero dell’agricoltura è stata aggiunta la dicitura e della sovranità nazionale. La vera sovranità alimentare non va confusa con la lotta alle pratiche inique e dannose portate avanti dall’agroindustria e da parte della grande distribuzione. Al contrario, essa è uno strumento per l’utilizzo delle risorse in un’ottica di bene comune in antitesi al consumo scellerato per il profitto di pochi. Attualmente le direttive europee promuovono progetti per valorizzare prodotti locali, come lo dimostrano le più di cinquecento piccole imprese sorte per opera di giovani, magari laureati in agraria, che hanno riattato vecchie baite o fattorie e che si impegnano per uno sviluppo sostenibile. L’aggiunta è, quindi, superflua. La verità è che dietro alla denominazione sovranità nazionale si cela l’intenzione di ostacolare il grande mercato europeo, che è uno dei settori più importante dell’Unione, favorendo con maggiori risorse le grandi aziende nazionali.
È nato, poi, il ministero delle imprese e del made in Italy, di cui non riesco a comprendere le competenze. Mi sembra un lampione per gli ubriachi, utile ad appoggiarsi, ma non a vedere.
Al ministero della Pubblica Istruzione è stato aggiunto e del merito. Merito è una parola polisemica: uno studente che ha tirato fuori il meglio di sé stesso, grazie anche alla cooperazione del docente, è già meritevole e ha diritto, se capace, di proseguire negli studi: è un atto di giustizia! Al contrario, se un allievo povero di mezzi o privilegiato per censo e per appartenenza di classe sociale, è negligente, pigro, discontinuo, inoperoso non può essere premiato in nome dell’uguaglianza o della meritocrazia perché si legittimerebbe il merito “come etica della diseguaglianza”. Così dovrebbe avvenire in tutti i campi, incominciando dalla politica. Era proprio necessario aggiungere “e del merito”?
Al ministero della famiglia è stato aggiunto e della natalità. Anche questa dicitura è ridondante. È a tutti chiaro che un figlio che nasce o viene adottato fa parte di una famiglia. Ma se si dovesse utilizzare la natalità come arma talebana contro chi non desidera o non può avere figli sarebbe un’espressione di un’ideologia e non di una sana politica a sostegno della famiglia.
Il ministero del mare e del sud è solo un tentativo per trasformare le nostre acque territoriali (anche quelle del nord!) non come spazi aperti a tutti, ma come modo per accrescere la sicurezza dei confini, già tutelati da precisi trattati internazionali.
L’ideologia espressa con caparbietà dal nuovo governo sotto forma di nominalismo è espressione di mancanza di argomentazioni e di impotenza di idee: non è un buon inizio!
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