Qualche giorno fa in LIUC si sono concluse le celebrazioni del trentennale attraverso un incontro con i fondatori, quei trecento e passa imprenditori che fin dall’inizio hanno creduto nel progetto. Ci si è ritrovati, come ha osservato il Presidente Comerio, “per ricordare – quindi riportare nel cuore – gli incontri e i confronti che 30 anni fa portarono alla decisione di fondare e costruire una ‘Università’ nel nostro territorio”.
Bilancio dell’incontro ampiamente positivo: clima di festa, qualche ricordo ma soprattutto sguardo in avanti, quello che, per dirla sempre alla Comerio, porta allo “scambio di prospettive nuove, sostenute da realismo e utopia così come fu trent’anni fa”.
Ho portato anch’io un contributo alla riflessione. Si è trattato del contributo di chi, a quei tempi, era in altre faccende affaccendato (assegnista di ricerca in Bocconi e attento osservatore dei possibili sviluppi concorsuali all’Insubria, passando per Pavia …. vita complicata quella dell’accademico!) e che è arrivato in LIUC come professore di ruolo solo nell’estate del 2015, per poi diventarne Rettore qualche mese dopo. L’ho fatto ispirandomi per l’ennesima volta a Sergio Marchionne, quando diceva: “Nel nostro ruolo di leader, se abbiamo la forza di immaginare un futuro di crescita per le nostre aziende o per i nostri Paesi, abbiamo la responsabilità di rendere questa visione reale”.
La questione sta, semplicemente e drammaticamente, in queste due righe. C’è un obiettivo forte (la crescita futura, ampiamente intesa), ci sono due condizioni fondamentali (visione e capacità realizzativa), c’è un presupposto dirimente (l’assunzione di responsabilità, in primis di chi sta in alto).
La questione riguarda tanti ambiti della società civile: aziende e comuni, ospedali e teatri, associazionismo e rappresentanza …. Non da ultimi, tendenzialmente per primi, i sistemi-Paese.
Quindi anche gli Atenei.
Così è stato, così è, così sarà per la LIUC.
In quanto “knowledge intensive firm”, l’Università dovrà vieppiù adottare il linguaggio degli imprenditori e dei manager, quello che è simbolicamente scolpito sulle loro scrivanie: a cambiamenti strutturali di ambiente bisogna dare risposte strutturali d’impresa. Detto in altri termini, per essere competitivi sul mercato è pressoché inutile aprire l’album dei ricordi. Serve solo se lo si fa con l’obiettivo di imparare dagli errori commessi. Bisogna invece disboscare l’autoreferenzialità e aprirsi al confronto. Occorre essere pronti e allenati a concepire nuove visioni. È necessario essere svelti e abili nel tradurle in fatti. È indispensabile guardare avanti, manovrare la proposta di valore che si indirizza ai vari target, investire su risorse e competenze coerenti con il livello delle sfide. In sintesi: potenziare quel che c’è da potenziare, ristrutturare quel che c’è da ristrutturare.
È un lavoro di statura istituzionale, profondo e rigoroso, che nel business dell’education, in Italia e nel mondo, sta procedendo senza esclusione di colpi, per effetto dei cambiamenti del mercato e del comportamento dei concorrenti, non ultime le Università telematiche.
Celebrando i suoi trent’anni, la LIUC ha avuto l’occasione di riaffermare la propria missione e di riflettere sulle condizioni istituzionali, imprenditoriali e manageriali che le consentano di affrontare con successo i prossimi trenta. O quantomeno il prossimo decennio…. le sfide non mancano di certo, sul piano della didattica e della ricerca, a livello di terza missione e di business school. Senza dimenticare le potenziali sinergie con il progetto MILL, recentemente varato da Confindustria Varese. Per il circuito visione-azione tanto caro a Marchionne serviranno gli straordinari. Di gente aperta. Di gente motivata. Di gente capace.
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