Sale il podio accompagnata da un commesso. Indossa un tailleur nero, adorno solo di uno spillone. Dietro gli occhiali, i suoi occhi luccicano, hanno uno sguardo intenso che fissa l’assemblea, abbozza un leggero sorriso nel quale si può rintracciare le impronte del suo passato, ma non la perfidia della rivincita.
Con voce chiara, decisa parla. Liliana Segre non cerca parole roboanti, orpelli retorici. È la sua stessa vita che parla e si fa memoria. La sua ricca vecchiaia si fa giovinezza per il presente. Ricorda con mitezza un episodio della sua infanzia che assume un alto valore simbolico alla luce di questo mese di ottobre durante il quale cade il centenario della marcia su Roma. Rivolge un pensiero a Papa Francesco. Ricorda che la nostra Costituzione non è un pezzo di carta, ma il testamento lasciatoci da 100.000 caduti nella lunga lotta per la libertà. Applicarla è la migliore profilassi per altre tensioni autoritarie. Rispettarla è tensione a neutralizzare ogni costrizione anormale, illegittima o immorale, possibilità di criticare, domandare e acquisire per sé e per gli altri la possibilità di diventare migliori.
L’assemblea applaude più volte. A quanti applausi abbiamo assistito ultimamente! Spesso a queste ovazioni sono seguite zuffe, tatticismi, interessi di bottega, particolarismi, lotta per il potere. L’unità, da tutti proclamata a voce, si è ridotta a frammenti riduttivi, ricerca del tecnicismo, dei periti che curano il piccolo interesse e non guardano il bene di tutti.
Tocca a questa donna – coscienza critica della società e sovrana della propria identità – proclamare il nuovo presidente del Senato. Esultante, questi arriva sull’alto scranno. Ha in mano un mazzo di rose bianche. Si avvicina per abbracciare l’anziana signora e questa si schernisce, turbata dal gesto che, sgarbato nei riguardi di una qualsiasi donna, diventa per lei anche inaspettato. Davanti a quella donna, ci si dovrebbe inchinare in segno di rispetto o inginocchiare per chiedere perdono. Le porge il mazzo di rose bianche e il mio pensiero istintivamente fluisce verso il ricordo puro, candido e spirituale dei giovani tedeschi antinazisti morti per la libertà.
Il nuovo presidente del Senato promette di “superare qualunque momento di odio, di rivalità, di contrasto storico” e, da scaltro conoscitore della retorica parlamentare dà mano alla manovella dell’adulazione e cerca di accontentare tutti pur di attirare applausi: cita i fratelli Ramelli, il commissario Calabresi, il suo mentore Tatarella, i presidenti Pertini, Napolitano e Mattarella, affianca il nome della Segre a quello della Taverna, della Casellati, della Rossomando, ricorda Calderoli, che si è fatto da parte per agevolargli la strada verso la presidenza, menziona gli uccisi della mafia Falcone, Borsellino e il generale Dalla Chiesa e non poteva mancare papa Francesco. Sembra che non avendo idee “ecumeniche”, ricorra alle adulazioni per potersela cavare.
Non ho seguito l’insediamento del nuovo presidente della Camera, ma ho letto attentamente il suo discorso. Mi hanno colpito alcuni passaggi. Il primo riguarda la diversità: «La ricchezza dell’Italia risiede proprio nella sua diversità…è espressione di democrazia e di rispetto della storia… non [dobbiamo] cadere nell’omologazione, che è lo strumento dei totalitarismi». È vero: la diversità ha i colori dell’arcobaleno e rivela così la pluralità e le differenze di tutti i popoli. Chi impone un’unica identità o mette dei confini per allontanare il diverso si priva di una ricchezza che al contrario va valorizzata.
Cerca di dare un afflato religioso al suo argomentare, citando il giovane beato Carlo Acutis: “Tutti nascono originali, ma molti muoiono fotocopia”! Sì, l’originalità della persona umana, su cui si fonda la nostra Costituzione, esige che diritti e doveri, rispetto, tolleranza, pari opportunità siano assicurati a tutti. L’afflato religioso si fa poi ispirazione teologica. Cita Tommaso d’Aquino: “Il Male non è il contrario del Bene, è la privazione del Bene”. Ecco perché attendiamo dal nuovo Parlamento e dal nuovo governo un forte impegno per distribuire il Bene verso chi più ne ha bisogno: i disoccupati, i fragili, i diversi, i senzatetto, in una parola: la povera gente!
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