Mentre leggerete queste righe decine di migliaia di donne, uomini, ragazze, adolescenti, preti, suore, consacrati, padri e madri di famiglia provenienti da tutto il mondo, arrivano a Roma in piazza San Pietro per ricordare i cento anni dalla nascita di don Luigi Giussani.
L’incontro con Papa Francesco previsto il mezzogiorno di sabato 15 sarà il momento culminante delle celebrazioni in onore del sacerdote di Desio. Celebrazioni iniziate già da quasi un anno e che hanno visto varie comunità organizzarsi per proporre gesti pubblici ed usufruire di una mostra virtuale multimediale con filmati inediti del “Gius” ed interviste ad esponenti di tutte le religioni.
Anche il movimento qui a Roma ha voluto “anticipare” il grande gesto odierno con un pellegrinaggio che si è svolto il primo ottobre lungo via della Conciliazione sino alla Basilica di San Pietro, dove è stata celebrata la Messa.
Un preludio di ottobrata romana ha accolto i ciellini confusi tra le centinaia di turisti che in questo mese affollano la capitale. In fila, ordinati, abbiamo iniziato a cantare alternando la recita del rosario.
Curiosa contraddizione! Quello che un tempo era gesto abituale dei pellegrini che raggiungevano la tomba di San Pietro, magari dopo settimane di cammino, oggi è percepita dai turisti come un fatto curioso e insolito, quasi che pregare e cantare sia diventato per dei credenti un fatto balzano: c’è chi filma con lo smartphone, chi non resiste alla tentazione di un “selfie”, chi commenta stupito in una delle tante lingue del mondo.
Passiamo di fianco a Santa Maria in Traspontina. Questa bella chiesa barocca è stata sfortunata vittima dello sventramento del quartiere Borgo voluto da Mussolini. Vestito da comandante delle Milizie, il Duce diede il via il 28 Ottobre del 1936 all’immensa operazione di demolizione (600mila metri cubi) che si sarebbe conclusa solo con l’anno santo del 1950. L’intuizione del Bernini per cui si raggiungeva a sorpresa piazza San Pietro da un reticolo di viuzze (“mi lasciò a bocca aperta” ricordava Alberto Sordi, che ci andò ad appena quattro anni) viene cancellato: ora San Pietro appare trionfante al termine del lungo rettilineo di via della Conciliazione. E la chiesa di Santa Maria in Traspontina solo uno degli affacci.
Il nostro pellegrinaggio prosegue tra venditori di ticket per i musei, imbonitori di ristoranti, improbabili guide turistiche riciclate. È tutto un vociare chiassoso in cui a fatica si insinuano le decine dell’Ave Maria. Un gestore di una bancarella di oggetti sacri chiede di spostarsi (“se no nun vendo”..), un nomade interrompe la fila per chiedere l’elemosina, gruppi di tedeschi o americani fendono trasversalmente la strada con piglio militaresco e a me viene in mente, per strana associazione, la via Crucis che si svolge grazie ai francescani ogni venerdì a Gerusalemme lungo la via Dolorosa tra i mercati e le botteghe artigiane, le grida di cento fedi, il gelido sguardo dei poliziotti israeliani: un Dio che non ha paura a impastarsi nella fatica e nelle contraddizioni della vita quotidiana.
Siamo arrivati alla Basilica. L’arciprete di San Pietro, cardinal Mauro Gambetti, ha predisposto una corsia preferenziale per saltare la coda ai metal detector che oggi prevede non meno di un’ora di attesa. Gambetti che viene dal Sacro Convento di Assisi è un giovane porporato (56 anni) con le idee chiare. Coadiuvato dall’ex parroco dei Santi Apostoli di Roma, frate Agnello Stoia, vuole far sì che San Pietro sia “una chiesa del popolo” capace di accogliere chiunque arrivi. Tante le loro iniziative: per alcune sere ad esempio la facciata della Basilica è diventata un maxischermo sul quale proiettare un docufilm sulla vita di San Pietro. Idea che richiama migliaia di turisti e romani.
La Messa volge al termine e all’uscita il nostro “piccolo popolo” si disperde nuovamente in mezzo alla folla dei turisti. Solo quindici giorni ci separano ora dall’abbraccio del Papa: non è semplice curiosità per quanto dirà, ma il desiderio di tornare tra le braccia di un Padre. Proprio come ebbe a pronunciare qui in questa piazza Monsignor Luigi Giussani per la Pentecoste del 1998: “Cristo mendicante il cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo”.
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