In questi giorni non c’è trasmissione televisiva o giornale cartaceo in cui Giorgia Meloni non sia “l’osservato speciale”. Ovvio, è la novità del momento, che suscita interesse e curiosità a 360 gradi.
Oltre a chiedersi di come sarà il suo futuro governo, la Meloni viene controllata per ogni sua mossa, parola, gesto. Come attraverso una lente d’ingrandimento che a mo’ di “grande fratello” o di un drone, fa conoscere agli Italiani i suoi movimenti. Peccato non ci sia ancora un metodo scientifico per analizzare direttamente i suoi pensieri, altrimenti sarebbe subito applicato e poi lei immediatamente criticata.
Tra i tanti ci sono i liberi battitori che interpretano in proprio i suoi moti d’animo e ciò che forse farà. È pur vero che è “Giorgia”, “madre”, “cristiana” come lei stessa ha urlato tempo fa, ma ora per tutti sarà probabilmente, sicuramente, la prima Presidente donna di un importante Governo.
E i suoi futuri passi saranno sempre più “misurati” da ogni parte delle varie fazioni in contesa. Ora appare più moderata e forse anche timorosa di fare movimenti sbagliati, con il rischio di “linciaggio” mediatico e di far crollare il castello ancora instabilmente costruito.
Questa elezione mi ha ricordato la mia nomina – un quarto di secolo fa – a Vicesindaco e Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Varese. Pur inizialmente contro la mia volontà, accettai quel ruolo di servizio, a favore della nostra città. Per la prima volta una donna nel ruolo di Vice a Varese, città legata alle tradizioni, conservatrice e sempre molto perplessa di fronte alle novità!
Infatti più o meno larvatamente parecchi si – e mi – chiesero se sarei stata in grado di onorare tale nomina. Un particolare: già dalla Giunta che mi aveva preceduta ci fu una proposta di apertura – da parte della Lega – ai tecnici esterni in svariati ruoli, che si sarebbero poi integrati con gli assessori di provenienza partitica.
Ciò per me non fu un problema, anzi trovammo facilmente intesa e collaborazione. Il mio carattere determinato e deciso mi permise di portare avanti diverse iniziative che mi gratificarono molto. Ma certamente anch’io mi sentivo “un osservato speciale” sia dalla Lega stessa che dall’opposizione.
E senz’altro nei vari salotti cittadini i commenti non furono blandi! Ricordo un’importante persona, varesina doc, e molto nota, che quasi a bruciapelo mi invitò – incontrandomi in centro – ad abbandonare quel ruolo, secondo lei troppo impegnativo. Le risposi adeguatamente. Poi al termine del mandato non mi disse più nulla.
Certamente il fatto di essere un tecnico esterno imponeva un’attenzione totale ai bisogni della città, di tutta la città, non solo di una parte politica, ma ciò doveva avvenire con equilibrio, diplomazia e senso di responsabilità. Posso ora confermare di essermi impegnata a fondo, di aver conosciuto una città nella città, quella della solidarietà, ma anche quella del nascosto bisogno. Mi capitò di ricoprire i più svariati ruoli in sostituzione di alcuni Assessori o del Sindaco stesso, adattandomi ai vari e differenti “linguaggi”.
Ricevetti parecchie persone, povere e ricche, le ascoltai come è consuetudine della mia professione medica e cercai di trovare – nel limite del possibile – soluzioni ai loro problemi. A volte, come mi disse un clochard che mi voleva parlare e che ascoltai poi volentieri aiutandolo, il dialogo rappresenta una terapia d’aiuto. La sua gioia fu grande quando realizzò un sogno, grazie a un mio semplice intervento. Morì a distanza di pochi mesi.
Essere Assessore alla Persona significa anche questo o meglio significa mettere in atto quelle caratteristiche femminili di empatia, intuizione, sensibilità che auguro sia in grado di esprimere anche Giorgia Meloni – attraverso il suo programma di governo – affinché possa essere ricordata come l’attenta Presidente di tutti noi.
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