L’aborto è uno degli argomenti che, più o meno velatamente, è stato tirato in ballo nel periodo pre elettorale. Lungi da me entrare in qualsiasi discussione politica o personale, nella speranza che qualche giovane legga questa rubrica, provo a dare qualche informazione che aumenti la conoscenza anche in questo settore della sanità e della vita civile.
Per contraccezione si intende il complesso dei mezzi utilizzati per impedire il verificarsi di una gravidanza, controllando quindi, in modo temporale e reversibile, il processo riproduttivo.
Per comodità di esposizione dividiamo i metodi in tre gruppi: prima del rapporto, durante e dopo.
Del primo fanno parte i contraccettivi ormonali (pillola nelle sue varie formulazioni ormonali), anello contraccettivo, cerotto transdermico, impianto sottocutaneo e dispositivi intrauterini noti come IUD o spirale.
Del secondo preservativo, diaframma, metodi chimici (spermicidi in capsule, creme, gelatine etc) e metodi naturali che indicano il periodo di astinenza dai rapporti in base al periodo fertile del ciclo mestruale.
Del terzo i così detti contraccettivi d’emergenza, pillola del giorno dopo o dei cinque giorni dopo.
Poiché l’ovulazione femminile è frutto di un complesso ma armonico rapporto tra ormoni, i contraccettivi del primo gruppo intervengono su questo processo non rendendo possibile l’ovulazione.
I dispositivi intrauterini sono invece un ostacolo meccanico per lo spermatozoo nel suo percorso verso l’ovocita e possono essere sia ormonali che al rame.
Preservativo (maschile e femminile) e diaframma sono detti metodi di barriera il primo è anche l’unico anticoncezionale che protegge dalle infezioni a trasmissione sessuale. La funzionalità di entrambi è chiaramente legata all’idonea modalità di utilizzo.
I metodi chimici da soli hanno bassa efficacia, aiutano invece aumentando la protezione, in associazione con altri metodi contraccettivi.
I metodi naturali, dipendendo da calcoli che si basano sulla regolarità del ciclo femminile, in caso di irregolarità, possono avere quindi alto tasso di insuccesso. Tra questi ricordiamo il metodo Billing (valutazione del muco cervicale), Ogino Knaus (calcolo sul calendario mestruale), coitus interruptus (tempestiva interruzione del rapporto prima dell’eiaculazione).
La contraccezione d’emergenza può essere farmacologica o non.
La prima è una compressa a contenuto ormonale da assumere il prima possibile dopo avere avuto un rapporto a rischio: in Italia vi sono preparati a base di levonorgestrel o di ulipristal.
Il secondo ha un’efficacia tre volte superiore al primo (95%) se assunto nelle prime 24h ed in ogni caso deve essere assunto entro 120 ore dal rapporto a rischio.
Entrambi impediscono la fecondazione se il rapporto ha avuto luogo nei giorni precedenti l’ovulazione. Se il processo di impianto dell’ovulo è già iniziato i farmaci non hanno successo.
I preparati con ulipristal non sono soggetti a prescrizione medica (AIFA determina 998 del 8/10/2020).
Quello non farmacologico è lo IUD in rame che viene applicato da un ginecologo e, se ciò avviene nelle prime 48 ore dal rapporto non protetto, ha efficacia nel 99% dei casi. La sua azione è legata al fatto che riduce sia la motilità che il numero degli spermatozoi, sia al fatto che rende il tessuto uterino inadatto alla gravidanza.
L’unico contraccettivo che previene le malattie a trasmissione sessuale è il preservativo, tutti gli altri sulla trasmissione non sono efficaci.
In generale la scelta di un metodo o l’altro va valutata con lo specialista tenendo conto delle diverse variabili e sapendo che nessun contraccettivo ha una efficacia del 100%.
Le probabilità ovviamente variano per cui la spirale medicata al progesterone porta a gravidanza indesiderata nell0 0,2% dei casi, il preservativo nell’uso corretto al 2% (che sale però al 18% nell’uso abituale), il diaframma 6% (sale al 12% nell’uso abituale), la pillola è al 0,3% nell’uso ottimale (ma al 9% in quello tipico).
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