Racconta una piccola storia – ma poi neanche tanto piccola – la vicenda della striscia di bitume comparsa all’inizio della via Sacra del Sacro Monte di Varese mercoledì 14 settembre. Una riga nera, lunga una quarantina di metri, perpendicolare all’arco della Prima Cappella, è apparsa a qualche camminatore feriale che non credendo ai propri occhi l’ha fotografata e prontamente inviata ai media e ai social media che l’hanno, quasi istantaneamente, messa in rete. Rimbalzando da un social all’altro ha scatenato un crescendo di indignazione, rabbia e sgomento. Reazioni giustificate dal profilo emotivo alla vista di un vulnus, del tutto inaspettato, al percorso tra fede, arte e paesaggio più amato dai cittadini. Fin qui tutto bene.
Molto meno bene l’aver indicato, senza alcuna verifica preventiva, nel Comune il mandante dell’operazione. Comune che peraltro, in tema di manutenzioni mancate o raffazzonate, ha molto da farsi perdonare. Tuttavia nella circostanza c’entrava come i classici “cavoli a merenda”. Come troppo spesso accade nel nostro paese, purtroppo per vicende ben più serie e gravi, è scattata anziché la presunzione d’innocenza sancita dagli ordinamenti a partire dalla Costituzione repubblicana, quella di colpevolezza alimentata spesso con preoccupante disinvoltura dai vari media. Sarebbero state sufficienti un paio di telefonate agli uffici di via Sacco o, meglio ancora, alla Parrocchia del Sacro borgo per rendersi conto che: 1) Palazzo Estense non aveva alcuna responsabilità e cadeva dalle nuvole. Che: 2) la via Sacra e tutte le pertinenze religiose del monte sono di competenza della Chiesa cattolica e di suoi organi di governo. Un fatto di cui non molti varesini sono invece informati.
Controlli e verifiche le ha fatte ovviamente nel tardo pomeriggio Varesenews scoprendo che si trattava di un intervento, autorizzato dalla proprietà, ormai non più rinviabile, alla rete idrica e che, una volta consolidato il terreno su cui è stata stesa la striscia d’asfalto, tutto tornerà come prima col ripristino della celebre “rizzada”. Staremo a vedere se ciò accadrà e se tutto verrà fatto nel migliore dei modi, compito che naturalmente spetta a tutti i cittadini, ma soprattutto ai media locali. Alla fine di questa querelle è comunque opportuno chiedersi cosa può insegnare questo piccolo episodio di “giustizia sommaria” mediatica. In buona sostanza ci dice che la cultura dell’istante, dentro la quale ci hanno progressivamente confinati i social, si conferma una rischiosa arma a doppio taglio che, in assenza di riscontri oggettivi, può facilmente indurre a cercare colpevoli ad ogni costo anche dove non ce ne sono. Però con una puntualizzazione: lo spiacevole episodio sarebbe stato evitato se la Chiesa sacromontina avesse inviato ai media almeno un breve comunicato dove rivendicava la paternità dei lavori e ne precisava la dimensione e la natura. L’affetto che lega i varesini alla via Sacra meritava di sicuro un atteggiamento meno privatistico e più esplicito sul perché, in un amen, era apparsa l’inquietante striscia nera che ha generato l’equivoco.
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