Poche cose elettorali, peraltro a voi già note. La prima: quest’anticipo non ci sarebbe dovuto essere. Lo sconsigliava la situazione bellica, economica, sociale. Meglio proseguire con Draghi in attesa del successore, dopo le parlamentarie previste nella primavera 2023. Non certo il Conte neo-barricadiero, ma Berlusconi e Salvini potrebbero pentirsi d’aver affossato il premier, la personalità italiana oggi più autorevole nel mondo. Era una garanzia per l’Italia, riavercela non sarebbe un male. Semmai il contrario.
La seconda. Regna l’incertezza. Incertezza (1) se andare a votare o no. Molti i tentati di stare a casa, specialmente di giovane età. Non trovano proposte e propositori che li sollecitino a snidarsi. Vorrebbero la concretezza, ascoltano/vedono/percepiscono cenni astratti. Incertezza (2) su chi scegliere, andando invece a votare. Colpa della propaganda, che s’è beffata del pragmatismo, almeno in molti casi e in diverse voci comizianti. Prevale la difforme-uniforme vaghezza del trasversale promessificio: un mare d’irrealizzabilità, dentro il quale remano sfiancati demagoghi.
La terza. Le alleanze di oggi potrebbero incenerirsi il 26 settembre. Se il risultato non sarà netto, col favorito centrodestra che non capotta lo sfavorito centrosinistra, si assisterà a qualcosa di simile all’accaduto nel 2018 e nel 2019: l’unione degli opposti. Larga nella misura in cui l’emergenza richiederà la dimensione nazionale: ci aspettano tempi duri, sconsigliabile affrontarli con un’alleanza molle.
La quarta. L’impalpabilità dei programmi valorizza l’evanescenza dei leader. Il paradosso è che ne abbiamo di modesti eppure non peggio delle loro idee. Sicché finirà per affermarsi la simpatia/antipatia verso tizio o caio, all’ultimo momento, in base alla battuta riuscita, a un tic piaciuto o aborrito, ad altro d’indefinito e superficiale. L’elettorato consapevole, maturo, informato è una minoranza, dunque aspettiamoci qualunque sorpresa.
La democrazia è questo, nel bene e nel male. Con un’avvertenza: se gl’indifferenti sono numerosi, non gliene si può muovere colpa esclusiva. Comunque vada domenica prossima, la politica -in debito d’autorevole rappresentatività e affidabile efficienza- va rilegittimata. Scrive Papa Francesco nella Evangelii Gaudium: “La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, una delle forme più preziose di carità, perché cerca il bene comune. I politici devono cercare non il proprio tornaconto, ma la dignità umana”. Votiamo Francesco, e chi lo vuole prendere a modello coi fatti, non con le parole.
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