A Varese è in corso un curioso tentativo: rovesciare un consolidato principio della sociologia urbana ovvero “la teoria delle finestre rotte” che tradotta in soldoni significa che degrado e abbandono chiamano altro degrado e altro abbandono mentre, al contrario, bello e pulito tendono a generare altro bello e altro pulito. In pratica significa che se, per esempio, si consente, senza intervenire con tempestività, la nascita di una mini discarica si può star certi che dopo qualche giorno non sarà più mini, ma avrà subito una crescita esponenziale compromettendo così un porticato, un’aiuola, una piazzetta, un’intera zona. E’ quanto potrebbe accadere con i sacchi della raccolta rifiuti, passata nelle mani della brianzola impresa Sangalli (Monza) dopo gli anni di Aspem ed ex Aspem. I sacchi non correttamente differenziati l’azienda minaccia di lasciarli all’infinito a bordo strada sperando che chi li ha mal riempiti ci ripensi e, mosso da un salutare senso di colpa, rifaccia il lavoro per bene. Se ciò non accadesse dovrebbero scattare indagini, peraltro di incerto esito, da parte delle Guardie ecologiche o chi per esse che, con non poche difficoltà, potrebbero dare un volto ai trasgressori e sanzionarli. Più facile dirlo che farlo. Nonostante ciò deve essere chiaro a tutti (Sangalli, Comune) che i cittadini non possono tollerare che Varese sia vittima nel prossimo futuro di un braccio di ferro di cui la città stessa sarebbe la prima vittima. Spetta a tecnici e amministratori scovare una soluzione praticabile a breve. Con Sangalli è migliorata la pulizia delle strade, persino quella dei portici ed dell’Arco Mera, ma molto resta da fare. Soprattutto non si può alzare bandiera bianca davanti ai maleducati in servizio permanente effettivo.
Aggiungiamo poi che la città giardino non ha certo bisogno di gettare ulteriore benzina sul fuoco del degrado urbano oramai acceso da tempo. Ne parliamo da decenni ma non si vedono progressi significativi nemmeno in pieno centro a cominciare dall’austera piazza Canonica, alle spalle della Basilica, imbrattata, sul grande muro della banca Bper, da orrendi graffiti, scritte ingiuriose, bestemmie, volgari scambi di messaggi erotici e a terra il solito tappeto di lattine e bottigliette varie. Per non parlare del portichetto di collegamento con Largo San Lorenzo e Vicolo Canonichetta, usato come vespasiano serale. A pochi metri di distanza in via Cavour-angolo Cairoli, i muri del Centro traduttori e interpreti, tra l’altro consueta palestra elettorale del Pd, sono ridotti a penosa discarica di graffiti. Altrettanto inaccettabile resta, rispostandoci in centro – centro, il degrado che affligge il portico di passaggio tra via Carrobbio e piazza Ragazzi del ’99. Un classico dell’inazione. Da Fumagalli, a Fontana (doppio mandato) fino a Galimberti nessuno è mai intervenuto. Ci sarà pure una ragione di tanta accidia? Saremmo lieti di conoscerla visto che la nuova giunta dispone anche di un Assessorato all’ambiente e al decoro. Decoro che ogni primavera – estate deve pure fare i conti con una vera e propria invasione di erbacce che infestano i cigli stradali, i cordoli dei marciapiedi, la base degli archetti anti parcheggio. Anche quest’anno il taglio è stato tardivo, sommario e insufficiente. Forse si aspetta un aiuto se non dai cinghiali almeno dai conigli. Infine un’occhiata ai tombini che tornano a preoccupare gli abitanti di Avigno vittime quattro anni fa di una colata di acque e detriti che creò danni considerevoli a garage, scantinati e aziende di via Astico. Alfa, la società che gestisce la rete idrica del territorio, ha prontamente ricordato che in Varese ci sono 12 mila tombini da tenere in efficienza e che nel corso di quest’anno ne verranno puliti 2400 più gli interventi straordinari. Per arrivare alla fine delle pulizie ci vorrà quindi qualche anno. Un tempo erano i Comuni a occuparsene. Probabilmente smisero di farlo non appena all’orizzonte si profilò la lunga gestazione aziendale di Alfa. A Casbeno, tanto per fare un esempio in via Settembrini, centocinquanta metri di asfalto, ben quattro tombini su sei sono invisibili, cancellati da una spessa coltre di terra. Da quasi un decennio.
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