“Nemmeno il Padreterno sa che cosa pensino i gesuiti”: così il 71enne arcivescovo di Milano Mario Delpini ha reagito all’ennesima bocciatura al collegio cardinalizio decisa dal gesuita papa Francesco. Solo un’innocua puntura di spillo? O una beffarda, risentita mancanza di riguardo nei confronti del pontefice che insiste a negargli la porpora? Chi lo conosce sdrammatizza: “Delpini è così, ha uno spiccato senso dell’umorismo e gli piace scherzare”. Ma lo scherzo, pronunciato nel duomo di Como in occasione della festa patronale di S. Abbondio, ha sconcertato il vescovo locale Oscar Cantoni che, nell’ultimo concistoro, la berretta rossa l’ha ricevuta.
La vicenda fa discutere e i giornali si affannano a interpretare. C’è chi parla d’inopportuno sarcasmo, chi tira in ballo la vecchia storia di un caso di molestie mal gestita da Delpini e chi una vicenda analoga attribuibile al neo-porporato Cantoni. Ma dietro alla scelta di Francesco e al conseguente disappunto di Delpini c’è forse un disagio più profondo legato alla Chiesa terzomondista a cui Bergoglio aspira. Una Chiesa refrattaria al clericalismo italo ed eurocentrico, anti-carrierista e proiettata verso le zone dimenticate del mondo. Il concistoro celebrato il 27 agosto – il quarto da quando Delpini è arcivescovo (2017) – conferma la strada da seguire.
La “rivoluzione” di Bergoglio riguarda non solo le strutture ma le persone. Nel collegio cardinalizio che eleggerà il prossimo papa sono entrati il 27 agosto un coreano, un nigeriano, due brasiliani, un ghanese, un paraguayano, l’arcivescovo di Singapore, il primo vescovo di Timor Est, due indiani e il prefetto della Chiesa mongola. Le nuove nomine rendono il sacro collegio sempre meno europeo a vantaggio delle “periferie” asiatiche, africane e americane. Mentre in Italia restano ancora senza cardinali le diocesi di Milano, Torino, Venezia, Genova, Napoli e Palermo. Un boccone amaro da ingoiare non solo per il metropolita meneghino.
Molti osservatori hanno definito il concistoro (a cui è stato riammesso il cardinale Becciu sotto inchiesta in Vaticano) una prova generale del prossimo conclave. Il collegio cardinalizio è composto da 229 porporati, di cui 128 con diritto di voto, otto oltre il limite fissato da Paolo VI. Gli altri, ultraottantenni, sono esclusi dal conclave. Bergoglio ridisegna il collegio che sceglierà il successore e vuole che non si torni indietro. Qualcuno sospetta che il super-attivismo del papa – peraltro afflitto da parecchi problemi fisici – preluda al disegno di dimettersi come Benedetto XVI e fa notare che Francesco ha visitato all’Aquila i luoghi di Celestino V, il più celebre dimissionario della storia del papato.
A dispetto dei critici, Bergoglio va per la sua strada e accentua l’azione riformatrice cercando nella Chiesa nuovi equilibri umani, territoriali e strutturali. Con la costituzione apostolica Praedicate Evangelium, promulgata il 19 marzo ed entrata in vigore il 5 giugno, il papa ha varato una “decentralizzazione” della curia romana i cui punti-chiave sono una maggiore attenzione ai diseredati, lo spirito e l’azione missionaria dei sacerdoti, l’ostracismo ai carrieristi e l’apertura agli incarichi di governo per il personale laico sia maschile che femminile.
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