Tanti slogan, promesse e proposte. Una campagna elettorale nata sotto il segno dell’improvvisazione. Voluta da una classe politica irresponsabile che ha costretto alle dimissioni l’unico italiano di sicuro prestigio internazionale.
Tra i tanti temi sul tappeto ce n’è uno che come un fiume carsico ogni tanto viene alla luce, per tornare presto a scorrere sottotraccia. È il tema della presenza politica dei cattolici, un tema che è stato rilanciato nei giorni ferragostani da Andrea Riccardi sul Corriere della Sera con un articolo a cui sono seguiti altri interventi, come quello di Ernesto Galli della Loggia, sempre sul Corriere, lunedì 29.
La tesi di fondo che accomuna questi, come molti altri interventi su questo tema, è che i valori espressi dai cattolici sono sicuramente importanti nell’evoluzione sociale, ma il problema è come esprimere e soprattutto veder realizzati questi valori senza una presenza ben identificabile e quindi capace di incidere nella società.
La diaspora dei cattolici è uno dei punti critici dell’attuale dimensione sociale. “Presenti ovunque, ininfluenti dappertutto”, così Dario Antiseri ha più volte efficacemente descritto quanto è avvenuto dopo il crollo della Democrazia cristiana all’inizio degli anni ’90. Pur con tutti i limiti, le incertezze, le logiche di potere, la Dc aveva comunque rappresentato un punto di riferimento. Soprattutto nell’immediato dopoguerra l’impegno politico rendeva, nonostante la dialettica, i cattolici protagonisti. Basti pensare a Luigi Sturzo, Giorgio La Pira, Giuseppe Dossetti, Alcide De Gasperi, Aldo Moro: tutte figure con una passione autentica per la traduzione del Vangelo nella concretezza della realtà.
I cattolici non sono certo scomparsi. La loro presenza è ancora forte in alcune dimensioni sociali, come l’assistenza, il volontariato, l’educazione dei giovani. Ma è una presenza frammentata, una presenza che mira ad obiettivi molto particolari e che non riesce ad avere la massa critica per essere un lievito all’interno della società. Dal ‘68 in poi la presenza dei cattolici ha continuato ad oscillare tra la dimensione religiosa e l’impegno politico vivendo questi due percorsi come una drammatica alternativa senza riuscire a fondare efficacemente la forza della politica nei valori della fede. Si è diffuso un illusorio laicismo che ha portato ad essere talmente rispettosi delle idee degli altri da rinunciare alle proprie. E la stessa Chiesa, intesa come gerarchia, ha oscillato tra i progetti culturali e i richiami alla moralità.
È così che si stanno perdendo di vista i valori di riferimento, come il rispetto della vita, mentre prevale l’esaltazione della violenza, divenuta una dimensione normale nel cinema e nella televisione, con la banalizzazione dei rapporti umani e in particolare di quelli familiari.
Con effetti che si possono misurare con precisione. Basti pensare alla diminuzione dei matrimoni, alla crescita dei divorzi e soprattutto a quel sensibile calo demografico che provocherà squilibri sempre più forti tra le generazioni e un inevitabile impoverimento della società. E drammaticamente la partecipazione politica si affievolisce, i partiti politici perdono il consenso popolare, la Chiesa continua ad interpretare modelli di presenza non più attuali.
La soluzione non è facile. L’esigenza di fondo sarebbe quella di riconnettere la politica con la società civile valorizzando un dialogo aperto con le tante realtà che dall’istruzione alla sanità, dal non profit al mondo del credito che contraddistinguono l’impegno sociale dei cattolici. Un impegno che fortunatamente rimane molto forte e che può essere una lanterna in grado di illuminare anche gli scenari più oscuri.
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