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Società

LÌ, SULLA MARMOLADA

ROBERTO CECCHI - 22/07/2022

Sci sulla Marmolada

Sci sulla Marmolada

Ci sono cose della vita che rimangono impresse nella mente più di altre. Son cose che si fissano lì, nei ricordi, ancora vive, palpabili, a colori e non in bianco e nero. Quasi a portata di mano e invece, magari, son passati decenni. A me fanno questo effetto le vacanze passate in montagna, da ragazzo quando si andava d’estate, con la famiglia, a Canazei in Trentino. Allora, Canazei era un paesino di montagna fatto di poche persone, di poche case e di pochissimi alberghi. Molto diverso da adesso, da quando è diventata una cittadina, a causa di un’espansione edilizia da secondo dopoguerra, con tanti negozi, con giochi per grandi e piccini, con ristoranti a non finire, per qualsiasi portafoglio e un’infinità d’impianti, parcheggi, perdendo un po’ (parecchio) di quel fascino che aveva allora, di luogo appartato, severo, d’un’accoglienza distaccata ma di sostanza. Si andava in montagna per stare soprattutto con i genitori e far delle passeggiate nei boschi. Ma capitava anche di andare più lontano. Come quando si partiva per sciare sulla Marmolada. Succedeva di rado, perché era un viaggio vero e proprio. Allora, non usava prendere i mezzi pubblici che, oltretutto, erano rari. Si andava soprattutto a piedi. Si partiva molto presto la mattina, con sci e scarponi in spalla. Era una piacevole sfida alla fatica.

Da Canazei volgendo un po’ a sud s’incontrava un paio di frazioni, Alba e Penia, da qui si voltava verso est, inoltrandosi per un sentiero nel bosco che sbucava (e credo che si arrivi ancora lì) alla base della diga, quella che forma il lago (in parte) artificiale di Fedaia. In tutto una decina di chilometri. Da lì, si faceva ancora un piccolo tratto di strada a piedi e si arrivava alla base della Marmolada. Una montagna imponente e immanente, accostata ad altrettanti giganti, come il Grand Vernel che le sta accanto. Poco sopra al piano della diga, c’era un piccolo impianto (che adesso non c’è più e non c’è più neanche quello che portava al rifugio di Pian dei Fiacconi, perché è stato smontato l’anno scorso e chissà se mai sarà ripristinato). Uno ski lift di poche centinaia di metri che però consentiva delle piacevolissime scivolate. Non c’era molta gente e si prendere il sole come non si sarebbe potuto fare da nessun’altra parte. Col passare degli anni, pochi per la verità, non è stato più possibile sciare d’estate perché, lì in basso, non c’era più neve.

Bisognava andare più in alto, ma quasi mai era possibile sciare d’inverno, tanta era la neve che si accumulava sulla cima della montagna, che non era possibile batterla. E invece, una trentina d’anni fa, è stato possibile farla tutta quanta proprio d’inverno. Dalla Punta Rocca a Malga Ciapéla (mi pare). Un percorso bellissimo, da togliere il fiato, ma anche un pessimo segnale. Perché avere questa possibilità, significava che era caduta meno neve, il seguito naturale di quel trend che aveva fatto sparire il “mio” ski lift al lago di Fedaia. Un fenomeno che dava la dimensione del cambiamento climatico che ormai occupa stabilmente le pagine dei giornali.

Negli anni, non ho smesso di andare in montagna e di andare lì sulla Marmolada a camminare. Un paio d’anni fa, sul ghiacciaio, si sentiva benissimo il rumore dell’acqua sotto i piedi che faceva il rumore di una cascata. Da un rivoletto, dopo poche decine di metri, si vedeva l’acqua scorrere a precipizio verso il basso. Più o meno, era il punto dove, qualche giorno fa, è avvenuto il dramma in cui han perso la vita undici persone. Una disgrazia. Un vulnus che non ha riparo. Frutto avvelenato di un cambiamento climatico troppo rapido, troppo repentino, tanto da farmi pensare che si tratti di uno di quei fenomeni che eccedono la media del dato statistico e che quindi dovrebbero essere destinati a rientrare. Ma è solo un’impressione del tutto personale. Non ci sono basi scientifiche per considerazioni del genere. Anzi, più che altro, direi che è una speranza. La speranza che, tra qualche anno, si possa tornare a sciare ai piedi della Marmolada, come era a metà degli anni ’60. Ma è solo un sogno e non andrà così. Molto più semplicemente, purtroppo, siamo testimoni oculari di un cambiamento climatico che pare irreversibile, comunque difficile da spiegare solo per effetto dei gas serra.

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