Non bisogna fraintendere: fame e sete di giustizia non sono il desiderio di vedere le cose sistemate secondo il proprio volere, anche secondo un ordine giusto dal punto di vista giuridico.
Limitare al piano sociale il concetto di giustizia significherebbe ridurre il Vangelo a dirimere le questioni umane anche se non si può dimenticare che, in Matteo, il metro del giudizio finale sarà quello di una giustizia e di una solidarietà sociale:
“Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere…” (Mt 25,35).
Fame e sete di giustizia appaiono quindi esigenze di un mondo più vero e più umano, aperto però all’incontro con la rivelazione di Dio.
Gesù affamato di giustizia
Gesù si fa battezzare da Giovanni “per adempiere ogni giustizia”, cioè per sottomettersi al piano di salvezza di Dio, che passa attraverso la morte in croce, significata dal battesimo.
Quando poi il Maestro invita i discepoli ad abbandonarsi alla provvidenza di Dio e a cercare innanzitutto “il regno di Dio e la sua giustizia”, riconosciamo che egli ha vissuto per primo questo atteggiamento, abbandonando tuto per diventare l’annunciatore del Regno, facendosi povero e servo di tutti.
Beati noi
Chi è affamato e assetato di giustizia assume un modo nuovo di stare nella storia, di impegnarsi: non più a partire dalle proprie previsioni, dai calcoli degli “esperti” del mondo, dal peso della maggioranza, dal tornaconto del momento, ma ‘dal sapore e dal profumo’ della Parola che non passa.
Ha fame e sete di giustizia chi, con libertà di cuore, continua nel tempo la missione di Cristo: aiutare altri a incontrare il Dio dell’alleanza.
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