Qualche anno fa su queste pagine raccontai della mia neonata passione per l’avvento degli ebook: ero e sono tuttora grata alla tecnologia che mi permette di leggere ovunque, senza portarmi appresso pesi, consentendomi di accumulare libri su libri in uno spazio praticamente illimitato e di archiviarli senza timore di dimenticarne la collocazione in un’ipotetica libreria. Non è da meno il vantaggio di poterli acquistare a prezzi inferiori a quelli di mercato, di averli sul proprio e-reader in tempo reale, di poterli prenotare in anticipo sull’uscita e riceverli il giorno stesso della prima comparsa sul mercato. Oltre alla possibilità di accedere a qualunque titolo, italiano o straniero, senza tempi di attesa.
Nonostante questi e altri vantaggi in questi anni non ho mai dismesso la lettura su carta: l’ho alternata, affiancandola senza un preciso schema a quella con l’e-reader, mantenendo un involontario equilibrio tra una modalità e l’altra.
Possedere un e-reader consente di disporre di una libreria che può ospitare qualunque testo, dal volumetto pamphlet al tomo che sfiora le mille pagine; dalle poesie di autori contemporanei ai Canti di Leopardi, dall’Antologia di Spoon River alla Divina Commedia tutta, lasciando posto anche a dizionari di ogni tipo e ai classici per l’infanzia che mi sono più cari come Cuore o Pinocchio.
A chi contrapponeva alla mia passione per gli ebook un inossidabile attaccamento al profumo della carta stampata e al suo fruscio, ho sempre dato ragione: l’impercettibile tocco che serve a girare la pagina virtuale non ha lo stesso peso emotivo della pagina di carta sfogliata.
Chi è scettico verso gli e-book faticherà a comprendere la gratificazione che si prova quando, intenti in una lettura, arriva come un flash l’eco di una frase contenuta in un altro libro, letto tempo prima. Magari quel bel pensiero sull’amicizia de “Il Piccolo Principe” lo posso recuperare nell’e-reader in pochi minuti, con due clic, senza muovermi dall’ombrellone o dalla panchina nel bosco.
E’ utile, utilissimo, avere una tavoletta che ospita tutti i libri letti negli ultimi anni.
Alcuni non sono più visibili perché vengono fatti transitare in automatico sul “cloud”. Cloud secondo me suona suggestivo: “nuvola”, uno spazio etereo dove i libri vengono riposti temporaneamente e da cui si possono ripescare in ogni momento per riportarli nel dispositivo dove si possono leggere di nuovo.
Ma ci sono anche delle falle nella tipologia di lettura con gli e-book. Eccone qualcuna individuata dopo i mesi più duri del lockdown.
Poter ritornare in una libreria ha costituito un momento liberatorio: entrare in contatto con uno spazio di acquisti reali, dove gli interlocutori non sono gli algoritmi di Amazon ma un commesso o una commessa che ti riconoscono e ti offrono consigli; e poi sfogliare, leggere la quarta di copertina, ritrovare i volti degli autori preferiti, uscire dal negozio con un sacchetto dal peso tangibile.
A seguire ho riscoperto il piacere di scambiare i libri con gli amici, di gustare il suono di una frase come “Sto leggendo un romanzo bellissimo, appena finisco te lo passo”, in sostituzione della frase usata spesso negli anni precedenti: “Ho scoperto un autore nuovo ma…” oppure “Il nuovo libro di …è speciale purtroppo non posso prestartelo, ce l’ho sull’e-reader”.
Mi è tornata la voglia di condividere, ragionare, confrontarmi su un libro letto, scoprire che effetto ha fatto quel romanzo sulla mente e sul cuore di altri lettori. Mi scopro a immaginare di iscrivermi a un gruppo di lettura e di sedermi con il testo tra le mani, per sfogliarlo alla ricerca del punto che illustra la mia chiave per comprendere l’intera storia.
Mi è mancato anche il segnalibro, sia quello omaggio della libreria che riporta un aforisma famoso, sia quello prezioso, decorato a mano, acquistato sulla bancarella natalizia; mi è mancata la pagina con la piegolina in alto che richiama le tappe percorse nell’itinerario di lettura.
Avevo quasi dimenticato che prima, grazie al potere della memoria visiva, ritrovavo a colpo sicuro quella particolare notizia e sapevo individuare il preciso punto della pagina in cui si trovava.
Poi mi sono accorta che la mia libreria, quella di legno, era diventata quasi un corpo morto: da troppo tempo non vi riponevo più un libro da custodire.
Anche nell’eventuale disordine di librerie creative come la mia ogni libro materiale trova una collocazione ragionata: qui metto tutto il lavoro di quell’autore, di là gli scrittori israeliani, sopra la pedagogia, sotto la politica. Un mondo organizzato secondo regole mentali individuali che nessun computer potrà mai regolare.
I punti di riferimento emotivi nell’e-reader invece sono molto labili e difficilmente rispondono a logiche personali.
In ogni caso no, non rinnegherò la lettura praticata per anni con gli e-book. Ma ne farò un uso diverso: le riserverò i romanzi gialli, i manuali, gli strumenti tecnici, uno spazio per contenere i classici da cui non voglio prendere congedo.
Invece quell’autore che mi ha commosso, quello che ha cambiato la mia visione della vita in quel preciso giorno, lo voglio conservare in cartaceo, voglio tenerlo sulla scrivania fino a che il nostro dialogo si sarà esaurito.
Porterà scritto quando e dove l’ho comperato, se mi è stato donato e da chi e in quale circostanza.
Infine lo disporrò su uno scaffale dove potrò rivederlo ogni volta che gli passerò accanto.
Fino a quando avrà esaurito la sua funzione e potrà essere allontanato dal mio sguardo.
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