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Chiesa

DONNE AI VERTICI

SERGIO REDAELLI - 15/07/2022

francesco-e-suoreI nemici battono la grancassa delle (presunte) malattie che lo affliggono e che dovrebbero indurlo a dimettersi, nell’ordine i forti dolori al ginocchio che lo costringono alla carrozzina, gli ipotetici danni al colon non risolti dall’intervento chirurgico del 2021 e ora le voci di un cancro. Sperano, senza più nasconderlo, che Francesco lasci. Fanno il tifo perché il pontefice liberi la cattedra petrina seguendo l’esempio del predecessore Benedetto XVI. Il papa si affanna a smentire: “L’ipotesi di dimettermi non mi è mai passata per la testa. Il cancro? A me i medici non l’hanno detto”. E aggiunge che nel caso le condizioni di salute lo rendessero necessario, lascerebbe il Vaticano e si dedicherebbe a confessare i fedeli e visitare i malati.

Al di là dell’inusitata ipotesi di ritrovarsi con tre papi contemporaneamente (due emeriti e un effettivo), si ha l’impressione che pensosi biografi e bellicosi dietrologi non perdonino al papa l’indirizzo “rivoluzionario” che ha dato al proprio apostolato, le riforme impopolari che ha varato, le innovazioni sgradite e necessarie che ha promosso per dare un taglio netto agli eccessi degli anni passati, agli attici sistemati con i soldi dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù, alle speculazioni senza controllo sugli edifici londinesi, all’affarismo della banca vaticana, alla chiusura al dialogo con le altre Chiese cristiane, ebrei, musulmani e non credenti.

L’America dei nostalgici di Trump e gli ambienti clericali più conservatori lo accusano di eresia dottrinale e lo invitano apertamente a dimettersi. A dispetto di chi nega la sua azione riformatrice, i fatti parlano per lui: curia, giustizia, finanza, economia, ambiente, abolizione del segreto pontificio, solidarietà ai migranti e impegno contro le povertà e le guerre, misure contro la pedofilia e il carrierismo clericale testimoniano nove anni d’intensa attività. Considerato “anti-italiano” e troppo terzomondista, definisce il dialogo interreligioso “la via maestra per far crescere nel mondo la fraternità e la pace contro l’estremismo anche religioso”.

Parole che piacerebbero ad Hans Küng, il teologo tedesco che di questo tema aveva fatto l’impegno di una vita. Ora in un’intervista concessa all’agenzia Reuters, il papa ribadisce le novità annunciate nella costituzione apostolica Praedicate Evangelium approvata in marzo che riforma la curia: e annuncia la nomina, per la prima volta, di tre donne – suor Raffaella Petrini, suor Yvonne Reungoat e la laica Maria Lia Zervino – nella commissione che valuta le candidature dei vescovi. La valorizzazione delle donne attraverso il conferimento di responsabilità ecclesiali di vertice, dopo un’esclusione millenaria, è richiesta a gran voce dalla chiesa tedesca e il papa non si nasconde: “Io sono aperto a che si dia l’occasione”, ha detto nell’intervista.

Attualmente il dicastero per la nomina dei vescovi è composto da soli cardinali e alti prelati. Grazie al papa argentino, molte altre donne hanno ricevuto incarichi dirigenziali in Vaticano, come suor Raffaella Petrini già nominata nel 2021 segretario generale del governatorato; come la missionaria Nathalie Becquart sottosegretaria del sinodo dei vescovi; come suor Alessandra Smerilli al dicastero per lo sviluppo umano integrale e come le laiche Barbara Jatta direttrice dei Musei Vaticani e Cristiane Murray alla sala stampa. “In futuro – ha promesso Francesco – le donne potrebbero guidare i dicasteri dei laici, l’educazione, la cultura e la biblioteca apostolica”.

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