Nato nel segno della responsabilità, il governo Draghi muore per la ragione opposta. Dai costruttori voluti da Mattarella agli sconsiderati rappresentati da Conte. Dalla pochette alla pochade: disastro totale e cupo abisso. La pagheremo cara.
Il Quirinale chiamò a lavorare insieme le forze politiche, nel mezzo di pandemia e crisi economica. Il patto: salviamo l’Italia in emergenza, poi voto nella primavera ’23, ciascuno raccoglierà il suo consenso e si vedrà che esecutivo ne vien fuori.
Il team Draghi ha fatto cose buone. Molte. Altre meno. Molte meno. Era il prezzo del compromesso fra partiti concorrenziali, obbligati alla semiunità nazionale dalle pregresse inconcludenze. Però i risultati sono arrivati, nonostante l’improvvisa/greve complicanza della guerra in Ucraina e il rimbalzo d’una feroce inflazione. Si sarebbe dovuto procedere così fino alla scadenza naturale della legislatura. Macché. I Cinquestelle sopravvissuti a penose diaspore hanno affondato la barca, seguendo la mediocre rotta dell’Avvocato del periplo italiano, circumnavigatore d’ogni possibile isola d’approdo. Dopo il Conte Uno e il Conte Due, il Conte Tiè. La rivincita sull’usurpatore (presunto) di Chigi s’è consumata.
La brama del favore popolare in vista delle urne ha mosso a piroette, scarti, forzature, contraddizioni. Pur di raccattare domani consensi nel radicalismo protestatario, si sono scoperti oggi problemi da risolvere quattro, tre, due anni fa. Quando Draghi non c’era e il pallino lo tenevano il Conte Uno e il Conte Due. Ma il dovuto non si fece per incapacità. E ora, in condizioni drammatiche anziché normali, si opta per il Tiè a un premier disponibile a rammendare sbreghi antichi. Pretesto demagogico, sciagurato movimentismo. L’idea: resto al governo e insieme mi dissocio, col vecchio meschino trucco dell’appoggio esterno. Evitando d’assumere decisioni impopolari/inevitabili nell’autunno che s’annuncia bollente.
Eh no: se le cose stanno così, e salvo tragicomici dietrofront mercoledì alle Camere, il circumnavigatore torni finalmente a casa. Idem il Parlamento tutto. Giudicheranno gl’italiani chi li ha presi per i fondelli e chi no. Chi ha senso dello Stato e chi predilige uno stato di “nonsense”. La scheda elettorale sarà il verdetto sulla pantomima -anzi, sulla pantomina esplosiva- offerta all’occhio stupìto del mondo, nel solco dell’ambigua spericolatezza che spesso ha disegnato la nostra storia, degradata a storielle. L’ultima fa sorridere Putin, perché gli giova. Complimenti al narratore.
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