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Politica

DEMASOCHISTI

ROBERTO CECCHI - 07/07/2022

conte-draghiAlle volte succede di rimanere immagati di fronte alla televisione. Apri un canale e ti trovi davanti ad una trasmissione che ti prende, ti costringe a guardarla senza saper bene il perché. Ma rimani lì, come un allocco a seguire cose che neanche pensavi ti sarebbero potute interessare. È successo la settimana scorsa con la diretta TV della conferenza stampa del presidente del Consiglio, dopo il Consiglio dei Ministri (n. 85). Il presidente del Consiglio parlava con la solita pacatezza della settimana appena trascorsa e dei successi ottenuti dal Governo. Una settimana in cui erano stati raggiunti obbiettivi importanti, come quello tutto draghiano di mettere un tetto al prezzo del gas. Dopo molto discutere, era stato finalmente raggiunto un accordo e questo vorrà dire risparmiare per il riscaldamento invernale e dare fiato all’industrie energivore, quelle che più di altre hanno bisogno di grandi quantità di combustibili per le loro produzioni. Sono circa tremila in Italia e operano nell’industria cartaria, nelle acciaierie, nelle industrie meccaniche e alimentari. Anche il presidente Biden ha sottolineato l’importanza di quest’iniziativa. Dunque, un successo, ma affatto scontato. Perché c’erano state infinite resistenze in Europa a questo progetto, superate dall’autorevolezza di questo esecutivo. Un altro tassello, tra i tanti messi a segno in poco meno di un anno e mezzo, che sta restituendo al Paese una centralità internazionale che s’era persa.

Insomma, l’Italia ormai è molto apprezzata ovunque, al Consiglio d’Europa, al vertice Nato, al G7. E quindi pensavo che le domande a seguire, dopo l’esposizione di Draghi, sarebbero state un approfondimento di quegli argomenti. E invece la conferenza stampa si è trasformata in un talk show. Le domande hanno riguardato tutt’altro. Si sono concentrate su un episodio che dire stravagante è dir poco. E cioè, una frase (un messaggio?) di Draghi a Grillo di qualche giorno prima nella quale, si sostiene, che il presidente del consiglio avrebbe chiesto all’”elevato” di allontanare Conte dal Movimento. Il messaggio sarebbe finito nelle mani di un sociologo (De Masi) il quale, a sua volta, l’avrebbe riferito a Conte. E da qui è partito tutto. Quella frase era un insulto grave, da lavare col sangue. E dunque, bisognava passare per una crisi di governo. Ma già il giorno dopo, col diradarsi del polverone, il tutto è apparso un po’ farlocco, ma difficile da derubricare ad incidente di percorso. Quello era stato il modo per creare un caso, per costruire un incidente parlamentare che giustificasse l’abbandono del governo da parte dei 5S, dopo la scissione dei 51 dal Movimento. L’esito, insomma, di una strategia improvvisata. Una strategia della disperazione.

Perché buttare per aria il governo proprio adesso? Perché finire alle elezioni anticipate in un momento come questo, mentre ci troviamo in piena crisi internazionale (la guerra in Ucraina), energetica (il taglio delle risorse energetiche), sanitaria (la pandemia), climatica (il riscaldamento terrestre)? La sensazione è che siano proprio l’autorevolezza del Governo, e quella di Draghi in particolare, a suscitare questa reazione scomposta. Il populismo (5S e non solo) si alimenta della sfiducia verso le istituzioni e di chi, in particolare, ha retto con successo uffici importanti, nazionali ed europei. Probabilmente, come dice Orsina, le ragioni del populismo stanno nell’“L’insofferenza di una parte consistente dell’opinione pubblica per i vincoli che i processi d’integrazione sovranazionale impongono alla sovranità democratica è forse la radice prima di quei fenomeni che siamo soliti indicare con l’etichetta onnicomprensiva lorda di «populismo»” (la Stampa, 2.7.22). Di sicuro, il populismo considera la società divisa in due gruppi, da una parte il «popolo» puro e dall’altra le «élites corrotte», omogenei e antagonisti tra loro e sostiene che “la politica dovrebbe essere l’espressione della volontà generale del popolo” (Macroeconomicus 2018). Mentre l’autorevolezza e la capacità di questo Governo di dare risposte e restituire fiducia alla collettività (il gradimento del governo Draghi è intorno al 60%) dice esattamente il contrario. Dice che per governare la complessità ci vogliono competenza e professionalità. In ultima analisi, dice che non è affatto vero che “uno vale uno”. Facendo venir meno, con questo, un pilastro fondante del populismo nostrano. Dunque, di qui in avanti, bisogna immaginare che la strada del governo sia lastricata da incidenti di percorso. Perché bisogna pensare che coloro i quali hanno lucrato tanto, in termini elettorali e di visibilità (giornali e trasmissioni televisive), da questo guazzabuglio, tenterà di tutto per continuare ad avere un paese continuamente con le convulsioni, lontano dalla realtà e dal resto del mondo. Per fare in modo che non accada, bisogna continuare a sostenere «élites» autorevoli e competenti.

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