«Li odio. Sono bastardi e degenerati. Vogliono la nostra morte e quella della Russia. E finché sarò vivo, farò di tutto per farli sparire!». Sono le parole non certo fini e accorte che il presidente della sicurezza russa Medvedvev ha postato nei giorni scorsi su un social.
«Noi siamo la razza dei signori e dobbiamo governare in modo giusto, ma duro…Io spremerò l’Ucraina fino all’ultimo. Non sono venuto qui a spargere la felicità…», così le illuminanti parole che Heinrich Koch, commissario del Reich per l’Ucraina, pronunciò il 5 marzo 1943.
Tra l’assurda supposizione del politico russo e la fallace sentenza del gerarca nazista sono passati quasi ottanta anni, ma il fine è il medesimo: ora è aggredire con la forza un Paese ricco nelle sue materie prime per imporre l’imperialismo della grande Russia, ieri era il progetto mostruoso di una società costruita su concetti assurdi e su pratiche di barbarie inaudite
Sia ieri che oggi, l’aggressore usa gli stessi mezzi per imporre la sua follia omicida con la forza delle armi e della violenza che producono morti, feriti, città rase al suolo, profughi, esalta l’ipocrisia come verità, si nutre di falsa propaganda, seduce proclamando l’aggressione giusta e santa usando armi, talvolta benedette da uomini di chiesa.
Tra ieri ed oggi una nuova Europa è nata dalla disperata volontà di contrastare, a prezzo della stessa vita, l’odio generato dalla guerra, capace di superarlo, difendendo la propria terra perché essa sia libera ed indipendente. È stata la Resistenza, un fenomeno di carattere morale, che ha lottato per la libertà, per questa tensione capace di neutralizzare ogni costrizione illegittima, per la possibilità di essere migliori, di criticare, di domandare e acquisire per tutti una condizione di vita veramente degna dell’uomo, per dare stabilità ad ogni Paese, per la fratellanza di tutti gli uomini. È dalla Resistenza che è nata una nuova Europa.
Tre uomini di tre Paesi fondatori, i successori di Adenauer, Schuman e De Gasperi, che hanno voluto questa nuova Europa, costruita senza ricorrere alla brutalità di una guerra, sono andati a Kiev per constatare di persona le città rase al suolo, le case ammassi di calcinacci, le chiese a brandelli, le fabbriche e i ponti distrutti, le fosse comuni dove hanno gettato inermi civili, i corpi stremati dei sopravvissuti. Sono andati a portare la solidarietà dell’Europa e a rassicurarli che noi, gli europei, li aiuteremo ad avere uno slancio vitale quando la libertà verrà loro restituita. Sono andati ad assicurare l’appoggio contro l’aggressore, a unire le forze per trovare una convergenza di opinioni, per ricercare una soluzione diplomatica alla guerra che deve finire.
Siamo sdegnati per il fatto che, mentre molti piangono con gli ucraini e si emozionano per le stragi, altri insinuino la credibilità sugli ideali della resistenza ucraina, che molti siano diventati accoliti di una o dell’altra parte solo per indottrinamento ideologico, che certi pacifisti si facciano utilizzare a fini di propaganda da parte di coloro che vedono nelle alleanze nate per scopo di difesa solo atti di minaccia e di complotti internazionali. Sia ben chiaro: tutti sono colpevoli e tutti sono innocenti. L’astuzia di ogni guerra è che parte sempre da situazioni in cui la colpa è sempre degli altri. Compito dell’operatore di pace è fare quello che ogni persona sensata farebbe: portare subito aiuto agli aggrediti, creare corridoi umanitari e favorire un processo di pace con il dialogo, l’incontro, la buona volontà.
Speravamo che la lunga lista delle città già spianate fosse terminata. Ora ci accorgiamo che accanto a Guernica, a Stalingrado, a Lubecca, a Dresda, a Berlino dobbiamo aggiungere Mariupol. Il presente è intrappolato, ma nel futuro anche l’Ucraina unirà il suo destino a quello dei popoli dell’Europa unita nella pace, nella solidarietà e nella prosperità.
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