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Attualità

SALVARE L’IDENTITÀ DI VARESE

CAMILLO MASSIMO FIORI - 18/05/2012

La Varese del futuro?

La polemica sui ritardi nell’approvazione del Piano di governo del territorio, che deve sostituire il Piano regolatore come strumento più flessibile della programmazione urbana, non si svolge soltanto tra maggioranza e opposizione nel Consiglio comunale, ma coinvolge le stesse componenti del governo locale.

I motivi della preoccupazione sono trasparenti: se l’approvazione del Piano ritarda, a soffrire sono soprattutto gli interessi dei costruttori e delle imprese immobiliari che dalla rendita urbana traggono generosi utili.

Il ritardo, di cui vengono ritenuti responsabili gli amministratori della Lega, può essere attribuito a delle difficoltà obiettive tra cui “in primis” la mancanza di idee e una visione prospettica del futuro della città; ma vi è anche un’altra lettura possibile, quella di frapporre tempo rispetto alla scadenza elettorale per scoraggiare le mire del “partito trasversale del cemento”, sempre attento al “business” e ben rappresentato nelle aule consiliari.

I piani di sviluppo urbano non dovrebbero però essere concepiti come investimenti di capitale allo scopo di vivificare un commercio languente e una rendita in difficoltà. Le città, in quanto centri di vita associata, comunità alimentate dallo sviluppo dei valori umani e delle relazioni interpersonali, prenderanno forma e vita dopo che i cittadini avranno preso coscienza che esse non possono essere concepite come informi aggregati urbani, un insieme di abitazioni, di luoghi di lavoro e di piste di scorrimento per gli autoveicoli.

Occorre che i cittadini avvertano l’isolamento in cui vivono e l’esigenza di poter fruire della città come esperienza in grado di allargare la ristretta vita privata delle persone.

La cittadinanza, pure in mancanza di informazioni e di competenze su una materia obiettivamente complessa e difficile, avverte la necessità che Varese realizzi insieme ad una dotazione di reti di servizi pubblici un modello di città che vada oltre l’esigenza funzionale e costituisca una risposta al suo sentire sociale e un incentivo alla sua vita comunitaria.

Purtroppo si parla soltanto di nuove costruzioni (le stazioni, lo stadio, altri condomini) che hanno sicuramente una parziale utilità ma non costruiscono l’identità della città, mentre il poco verde disponibile è insidiato dalla pericolosa tentazione di costruire parcheggi sotterranei come quello deliberato a Villa Agusta, quello che si prospetta per villa Mylius e alla Prima Cappella, sulle cui piastre di cemento non potranno più crescere grandi alberi.

Non c’è neppure attenzione per la manutenzione straordinaria delle infrastrutture e delle reti pubbliche: da quella elettrica che risale al secolo scorso; a quella fognaria che non prevede lo smaltimento separato delle acque bianche da quelle nere, condizione indispensabile per il risanamento dei nostri laghi e dei corsi d’acqua; alla salvaguardia delle fonti di approvvigionamento dell’acqua, risorsa indispensabile e scarsa. Varese ha la fortuna di essere rifornita attraverso sorgenti che si rinnovano continuamente a differenza dei pozzi che hanno un basso dinamismo e sono soggetti a più facile inquinamento; ma l’importante sorgente della Bevera, che provvede al settanta per cento dei bisogni cittadini, giace sotto una spessa coltre di rifiuti ed è minacciata dall’apertura di una cava che potrebbe compromettere la qualità del prezioso liquido immerso nell’acquedotto, anch’esso bisognoso di cure per ridurre le enormi perdite delle condutture.

Dovrebbero essere i partiti politici i canali della partecipazione popolare e della formazione dell’opinione pubblica, ma le recenti, numerose vicende giudiziarie che vedono coinvolti i loro dirigenti in operazioni illecite connesse all’uso improprio del territorio fanno dubitare che essi siano in grado di svolgere un’azione di coscientizzazione della cittadinanza. Così le nostre città vedono compromesso il loro patrimonio ambientale e i cittadini sono prigionieri nelle loro comode abitazioni e condizionati dalle loro evolute autovetture, restando esclusi dai vantaggi e dai benefici che la città è in grado di offrire. Non ci si vuol rendere conto che, in prospettiva, l’uso delle automobili dovrà essere necessariamente limitato e la mobilità urbano dovrà essere assicurata da mezzi pubblici assai meno costosi e inquinanti.

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