Ricevo un whatsapp da MdPR. Scintillante al modo solito. Però con riflesso malinconico. Cita Giovenale: “Gli altri possono perdonarti, ma sei capace di perdonare te stesso?”.
-Mauro della Porta Raffo, perché questa domanda?
“Perché sto conoscendo il dolore. Roba che prima non m’era ignota. Ma quando l’avvertivo, ne rimuovevo l’effetto”.
-Mea culpa?
“Mea maxima. Lo riconosco: devo pagare le mancanze morali che, rispetto a quanto pretendo da me, sono grandi. E poi…”
-E poi?
“E poi devo pagare un corrispettivo adeguato alle qualità e capacità che, senza nessun merito e in misura straordinaria, mi sono state date”.
-Se ho capito: vai espiando una sorta di mancanza di responsabilità. Individuavi l’afflizione altrui e vi passavi accanto, veloce verso mete luccicanti che la vita ti proponeva”.
“Velocissimo. Oggi ci rifletto e mi rammarico. Ecco perché ripesco Giovenale: avrò pure ricevuto, per così dire, l’assoluzione del mondo. Ma la mia? Boh”.
-Non te la concedi?
“E come si fa? Sai indicarmi un metodo per procedere all’operazione?”.
-Figurati…
“Ecco, vedi: ti accorgi dello sbaglio e ignori il modo per correggerlo”.
-Dunque?
“Dunque ti porti dietro il fardello, pur se volentieri te ne disferesti, saldando il conto con le esperienze del passato”.
-Grevità psicologica?
“Sì. Che s’aggiunge a quella fisica. Mica niente o poco, lo confesso”.
-Cioè?
“Un viaggio che dura da tempo nella sofferenza materiale. Dentro e fuori da ospedali, case di cura, centri riabilitativi. Ho appena terminato un ciclo di sedute alla Maugeri di Tradate”.
-Ora va meglio?
“Meno peggio di prima. Aspettiamo le prossime puntate”.
-Hai memoria del primo incontro col dolore carne-ossa-dintorni?”
“Anni dell’infanzia, mal di testa. Mi avrebbe scortato per tutta la vita. L’ho combattuto con migliaia e migliaia di cibalgine. Poi sono passato alla thomapirina, roba tedesca procuratami da mia figlia Alessandra”.
-Pensi troppo, e ne paghi il fio…
“Chissà, forse è vero”.
-Sei rassegnato o speranzoso?
“Realista. Così è, così era, così sarà. Devo fare penitenza? La faccio. Senza lamentarmi: testimonio ‘sto poco solo perché me lo chiedi tu”.
-Te lo chiedo convinto che possa servire a tutti. Sbaglio?
“Si dice: i racconti degli altrui triboli alleviano il proprio. Me lo auguro”.
-Ci sono regole per affrontare senza disperarsi le angustie?
“No. Ciascuno ha i suoi tormenti, e la natura personale gli suggerisce come farvi fronte. Anzi, glielo impone”.
-Ti è di conforto leggere, scrivere, conversare…
“Studiare, capire, rivelare. È la mia vocazione. Se vogliamo derubricare: il mio mestiere”.
-Perciò hai sempre tanto da divulgare?
“Tantissimo: ancora un milione e mezzo di cose e storie da raccontare e tutte maledettamente buone”.
-Di conseguenza: la mente vince sempre sul corpo…
“Arcisicuro. L’importante è che funzioni la testa, per il resto pazienza”.
-Che ti pare di quanto sta succedendo sui vari fronti del dolore planetario?
“Ho passato quindici giorni di sostanziale isolamento. Ma non è questo che conta. A contare è il filo, a volte grosso a volte tenue, del patimento che unisce tutti. Non vi si sfugge. L’importante è saperlo, non sorprendersi, avere contezza del fragile particolarismo. Specie quando il buon girare del vento esistenziale invita alla dimenticanza”.
-Tappe a venire?
“Visita dal reumatologo, ulteriori attenzioni di routine e specialistiche. Entusiasmo intatto verso il sapere. È un appuntamento quotidiano e obbligato. Se no, sono guai veri. Mica un fastidio qui, una fitta là, un respiro corto qui e là”.
-Ottimismo della volontà?
“Volontà d’essere ottimisti. Del resto, a praticare il contrario c’è tutto da perdere. In aggiunta a quanto già perso”.
-Non una scommessa, ma un calcolato colpo di biliardo…
“Amico mio, bisogna saper usare la stecca. Tirare i dadi nel modo giusto. Calar le carte opportune. Quel che rimane è compito della sorte”.
-Che ti sia buona, MdPR carissimo…
“Che lo sia a chiunque ci ha dato retta fin qui”.
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