La toponomastica come studio dei nomi dei luoghi è termine mediamente noto, a differenza dell’odonomastica, meno conosciuta, che definisce l’insieme dei nomi delle vie e delle strade di una città.
Eppure leggere il tessuto cittadino con la lente dell’odonomastica è un esercizio interessante che ci svela alcuni tratti nascosti della storia cittadina ed è uno strumento utile a individuare il percorso pedagogico costruito nel tempo per l’educazione dei cittadini da amministratori e da politici.
È significativo che in Italia si contino 7870 vie Roma, 5472 vie Garibaldi, 4842 vie Marconi. I nomi delle vie e delle piazze ci dicono qual è lo spazio di una città destinato a determinati periodi storici: al Risorgimento, alla Grande Guerra, alla Resistenza. Non mancano vie che richiamino la contemporaneità con targhe intitolate a personaggi importanti per la città o per la nazione. È il caso di Aldo Moro la cui tragica vicenda umana e politica ha sostituito a Varese il nome del centrale corso Roma.
Un quartiere periferico varesino sorto alla fine degli anni 70 si articola su vie e piazze che portano il nome dei luoghi del terremoto del Friuli. L’odonomastica racconta anche gli orientamenti politici di questo o di quel periodo: a Varese esiste una via Luther King ma non una via Che Guevara come a Reggio Emilia.
Ci mostra come dopo il XXV Aprile del 1945 il Consiglio comunale della città di Varese, fortemente intenzionato a ripudiare il maggior numero di segni dell’ingombrante Ventennio, cancella dalle vie i nomi dei gerarchi e degli eroi del fascismo, e li sostituisce, quasi tutti, con quelli dei giovani partigiani vittime della barbarie nazifascista.
Dal passato secolo XIX giunge intatto il reticolo di vie che portano il nome degli eroi risorgimentali Garibaldi, Mazzini, Cavour. Biumo Inferiore, teatro della battaglia del 26 maggio 1859 contro gli Austriaci, ricorda all’inizio di ogni via figli illustri come Morosini, Cairoli, Dandolo, De Cristoforis. Nel cuore della città gli eventi della Prima Guerra Mondiale trovano collocazione nella centrale piazza Monte Grappa e nelle due stazioni “Trento” e “Trieste”.
La lettura dei nomi delle vie però riserva anche sorprese non sempre gradevoli. Discutibile a mio parere la scelta di dedicare una piazzetta a Edgardo Sogno. Sulla targa viene definito patriota e antifascista, e non anche falangista in Spagna nonché presunto golpista nei travagliati anni ’70 del nostro paese.
In zona scuole superiori, a Casbeno, la breve via che collega viale Monterosa a viale XXV Aprile è intitolata a padre Reginaldo Giuliani, cappellano militare dalla profonda fede fascista, squadrista cattolico delle Fiamme Bianche nonché partecipante di primo piano alla Marcia su Roma. Ci sono riflessioni che sia la cittadinanza sia gli amministratori potrebbero fare pur senza impigliarsi nelle maglie di una antistorica “cancel culture”. Per pensare poi alla gestione di nuove strade, con nuovi nomi grazie ai quali si riesca a rendere il giusto tributo alla memoria di persone la cui esistenza sia stata esemplare per coerenza e onorabilità in modo da potenziare la ricchezza culturale del tessuto urbano.
Sarebbe l’occasione per rimediare anche alla marginalità sociale e storica delle donne nel corso dei secoli e per rivalutare il loro contribuito alla vita pubblica. Per ripensare allo spazio destinato alla scrittrice Liala cui è intitolata una piazzetta sghemba, che ospita una panchina e un’aiola spelacchiata dove non c’è neppure una casa a cui assegnare un numero civico. Analogo trattamento ha ricevuto la scrittrice Premio Nobel Grazia Deledda al cui nome è abbinato un luogo poco adeguato: un anonimo piazzale nel quartiere Bustecche, che ospita solo la fermata dell’autobus urbano della linea C.
Infine, in città ho contato poco più di venti vie intitolate a donne, per metà varesine di nascita o di adozione e per l’altra metà persone di fama nazionale.
Pensiamoci.
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