La libertà non è star sopra un albero, cantava l’indimenticabile Giorgio Gaber. E concludeva: libertà è partecipazione.
Si potrebbe dire la stessa cosa della neutralità. Lo dimostra l’esperienza, anche con qualche polemica, della Svizzera nelle ultime settimane. Di fronte all’aggressione della Russia all’Ucraina, un’aggressione che ha fatto subito scattare gli aiuti militari a Kiev e le sanzioni economiche verso Mosca, il Governo di Berna si è subito allineato con i paesi occidentali bloccando sia i commerci, sia i patrimoni degli oligarchi depositati nelle banche elvetiche.
“La neutralità non vuol dire indifferenza” ha spiegato il presidente della Confederazione, Ignazio Cassis, sottolineando come fosse un compito essenziale quello di impedire che il paese potesse essere sfruttato come una piattaforma per aggirare e quindi vanificare le sanzioni.
È difficile che la Svizzera arrivi a fare il passo di due paesi tradizionalmente neutrali come Svezia e Finlandia, che hanno deciso di chiedere di entrare a far parte della Nato. Ma non va dimenticato che Berna fa da tempo parte dei paesi che collaborano direttamente con la Nato sia a livello di formazione e addestramento, sia per lo scambio di informazioni collegate alla sicurezza.
E peraltro per la Svizzera la parola neutralità è spesso accompagnata con aggettivi come “armata” (con un esercito dotato delle armi più moderne, con la leva obbligatoria e frequenti richiami), “partecipata” (per indicare la collaborazione con gli altri paesi soprattutto per le politiche per il mantenimento della pace), “attiva” (per la presenza nelle istituzioni internazionali come l’Onu), “operativa” (per le iniziative nel campo del dialogo internazionale come il vertice di Lugano che all’inizio di luglio riunirà più di 40 paesi che intendono impegnarsi per la ricostruzione dell’Ucraina).
Che lo status di neutralità abbia bisogno non solo di essere riconosciuto, ma anche garantito a livello internazionale, lo dimostra la drammatica esperienza del Belgio per ben due volte, nella prima e nella seconda guerra mondiale, invaso dall’esercito della Germania per arrivare in Francia aggirando le difese sul Reno. Con la beffa del maggio del 1940 quando Hitler giustificò l’invasione con la necessità di difendere la neutralità del Belgio di fronte alle possibili invasioni da parte di Francia e Gran Bretagna.
Per l’Ucraina si è spesso parlato di neutralità, come possibile sbocco di una pace possibile. Una neutralità che non impedirebbe l’adesione all’Unione europea, come dimostra l’esperienza dell’Austria. Si può infatti ricordare che l’Austria era stata occupata dall’Armata rossa al termine della seconda guerra mondiale e che l’Unione sovietica di allora ne chiese e garantì la neutralità per lasciare Vienna nell’area occidentale.
Resta il fatto che neutralità non è una parola magica e che l’aggressione della Russia ha aperto problemi di complicatissima soluzione.
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