In un momento in cui il colore rosa è tornato di gran moda, ci piace omaggiare Silvano Contini, uno dei tanti varesini che, nel corso degli anni, hanno vestito le insegne del primato del Giro d’Italia.
La ragione per cui scegliamo proprio il corridore di Leggiuno, classe 1958, sta nel fatto che giusto 40 anni orsono fu, nell’arco di 24 ore, protagonista di un’impresa e poi vittima di una disfatta che gli costò il successo nella “corsa rosa”.
Silvano Contini è stato un eccellente corridore: in carriera ha vinto una quarantina di gare, tra queste fior di classiche, con la “perla” della Liegi-Bastogne-Liegi del 1982, ha vestito per 14 giorni la maglia rosa al Giro d’Italia nel corso di quattro edizioni (sei nel 1981, uno, doloroso, nel 1982, poi due nel 1983 e cinque nel 1989). A questo effluvio rosa dobbiamo aggiungere la maglia bianca di miglior giovane conquistata nel 1979, appena ventunenne, al debutto in una gara di tre settimane.
Ma torniamo al 1982. Reduce da una splendida prova nella precedente edizione del Giro, concluso al quarto posto e perso solo alla 20a tappa per una crisi accusata alle Tre Cime di Lavaredo, e dal trionfo nella “Liegi” solo un mese prima (11 aprile), Contini parte giustamente tra i favoriti. La sua squadra, la Bianchi, si schiera “a tre punte”, con Gianbattista Baronchelli e lo svedese Tommy Prim al suo fianco. Ma Silvano si dimostra comunque il più forte, recuperando a Bernard Hinault il tempo perso nel cronoprologo a squadre di Milano (25″) e nella prova individuale di Assisi (1’07”). La sua marcia di avvicinamento al primato passa attraverso i successi di tappa di Castellammare di Stabia (6a frazione) e di Pescara (13a), mentre Hinault e Moser si alternano in maglia rosa.
Il capolavoro di Contini e della Bianchi si realizza alla 17a tappa, da Fiera di Primiero a Boario Terme: è il 1° giugno, Silvano se ne va in fuga con i compagni Baronchelli e Prim e con Van Impe, vince la frazione e veste la maglia rosa, lasciando Hinault a 2’14″; più indietro Prim a 3’07” e Van Impe a 4’37”. Pare fatta, anche se prima del traguardo finale di Torino mancano altre insidie, dalla mitica Cuneo-Pinerolo (riedizione della cavalcata che incoronò Fausto Coppi nel 1949) alla crono conclusiva di 42 chilometri.
Invece il disastro avviene già il giorno successivo, il 2 giugno, nella breve frazione (solo 85 km) che conduce la carovana da Piamborno all’arrivo in quota ai circa 1800 metri di Montecampione, una salita di circa 10 chilometri secca e dura, senza respiro. Hinault attacca, nessuno gli resiste: Van Impe è secondo a 14″, poi Baronchelli a 15″, Wilson a 16″ e uno splendido Marco Groppo a 26″ (il corridore di Gorla Minore sarà alla fine maglia bianca). Contini è in crisi nera, va a picco e perde quasi 4 minuti da Hinault ma salva il secondo posto in classifica (a 1’41” dal francese e con 12″ di margine su Prim).
Citiamo il ricordo di quel giorno dell’indimenticabile dottor Piero Modesti, all’epoca medico della Bianchi e perciò in una posizione assolutamente privilegiata per osservare e valutare: «Silvano fu vittima di un cedimento nervoso. Lo ricordo intrattabile sin dal mattino: mi colpirono, prima del via, soprattutto le sue parolacce, lui che è sempre così ammodo e garbato».
La Cuneo-Pinerolo è vinta da Beppe Saronni ma non lascia tracce in classifica generale (nel gruppetto di 11 attaccanti che si gioca la tappa manca solo Moser) e la crono finale di Torino, che suggella il trionfo di Hinault, penalizza di nuovo Contini, sesto a 51″ dal francese, a beneficio di Prim (4° a 32″) che gli sottrae il secondo posto relegandolo al terzo (a 2’47”).
Ma un podio al Giro d’Italia resta qualcosa di indimenticabile ed è bello sapere che Silvano Contini non ha rimpianti: «Ho fatto ciò che potevo – ha dichiarato tempo fa in un’intervista – che era tanto, a volte tantissimo ma non abbastanza per accostarmi a campioni come Hinault, Moser e Saronni. Per questo dormo tranquillo, senza alcun rammarico».
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