“Lo vedete quel puntino?” La domanda mi compare sullo schermo mentre navigo nel web. È la didascalia di una foto quasi tutta scura. No, non lo vedo, ma c’è un freccia che lo indica. Seleziono la foto e la ingrandisco: eccolo lì il puntino. Torno alla didascalia e scopro che siamo noi, è la nostra Terra sperduta nell’universo, fotografata dalla sonda Cassini.
Negli ultimi giorni sono comparse in rete diverse immagini di questo tipo, la più diffusa delle quali è quella di Sagittarius A*, il buco nero al centro della Via Lattea, che è stato fotografato di recente dopo cinque anni di ricerca e che dista dalla Terra 26.000 anni luce. “Solo” 26.000 dovrei dire, perché, vagando per l’infinito, scopro che M87*, altro buco nero supermassiccio, dista da noi 53 milioni e 490.000 anni luce e che il quasar più lontano finora osservato dista 13 miliardi di anni luce. Esistono poi filmati generati al computer che simulano un viaggio dai confini dell’universo conosciuto fino alla Terra: guardandoli si ha l’impressione di essere risucchiati dal mistero. La mente – almeno la mia – non riesce a “vedere”, nemmeno con l’immaginazione, una tale vastità spazio-temporale.
E non mi aiuta neppure la terminologia usata dagli astrofisici: zona oscura, buco nero, orizzonte degli eventi mi evocano scenari da fiaba per bambini o da fantascienza, più che fornirmi cognizioni scientifiche.
Invece il mio pensiero corre subito al confronto tra quell’infinito ancora ignoto e il valore delle azioni umane: che senso hanno le guerre, le liti, le cattiverie, le ansie; e poi la presunzione, l’orgoglio, la convinzione di essere al centro dell’universo e di esserne i padroni? Ne parlavo oggi con un’amica, che mi faceva notare come questi atteggiamenti siano connaturati nella natura umana e dunque abbiano una loro giustificazione nell’economia del tutto. E tuttavia l’uomo, che si ritiene il punto di approdo dell’evoluzione, non dovrebbe ogni tanto sollevare lo sguardo per capire qual è la sua reale dimensione e chiedersi quale effetto potrebbero mai avere le sue azioni sull’equilibrio universale?
Lo scritto che accompagna la foto di quel puntino dovrebbe essere riletto almeno una volta al giorno:
“Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché, nella gloria e nel trionfo, potessero diventare per un momento padroni di una frazione di un puntino. Pensate alle crudeltà senza fine inflitte dagli abitanti di un angolo di questo pixel agli abitanti scarsamente distinguibili di qualche altro angolo, quanto frequenti le incomprensioni, quanto smaniosi di uccidersi a vicenda, quanto fervente il loro odio. Le nostre ostentazioni, la nostra immaginaria autostima, l’illusione che noi abbiamo una qualche posizione privilegiata nell’Universo sono messe in discussione da questo punto di luce pallida. Il nostro pianeta è un granellino solitario nel grande, avvolgente buio cosmico. Nella nostra oscurità, in tutta questa vastità, non c’è alcuna indicazione che possa giungere aiuto da qualche altra parte per salvarci da noi stessi.
È stato detto che l’astronomia è un’esperienza di umiltà e che forma il carattere. Non c’è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l’uno dell’altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l’unica casa che abbiamo mai conosciuto”. (Carl Sagan)
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